Religiosi: p. Pessini (camilliani), “se le nostre comunità non diventano interculturali, non sopravvivranno”

“Uno stile di vita interculturale è il futuro della vita consacrata. Se le nostre comunità non diventano interculturali, non sopravvivranno. Ma la questione è questa: come costruire concretamente questa nuova cultura e questo spirito e relazione interculturali?”. È la domanda posta oggi pomeriggio da padre Leocir Pessini, superiore generale dell’Ordine dei ministri degli infermi (camilliani), nel corso della 89ª assemblea semestrale dell’Unione superiori generali (Usg). “L’incarnazione del Verbo è stata un evento culturale”, ha osservato Pessini, aggiungendo che “l’interculturalità è l’incontro tra il messaggio salvifico di Gesù con la molteplicità delle culture”. Per questo, “un’autentica inculturazione della fede cristiana è basata sul mistero della incarnazione”. Inoltre, “l’inculturazione porta come sua esigenza il rispetto per la dignità della persona, di ogni persona e di tutta la persona”. “Essa comincia quando incontriamo il Cristo vivo nell’altro e finisce quando contempliamo il Cristo resuscitato”, ha proseguito il superiore generale dei camilliani, per il quale “interculturalità non significa la perdita o la diluizione della propria identità personale e culturale, ma porta in sé l’esigenza di una apertura verso l’altro che è ‘diverso e differente’”. Secondo Pessini, “solamente quando siamo aperti all’altro sentiremo che la diversità può arricchire la nostra vita”. Ma “questo processo esige educazione interculturale, una comunicazione chiara e l’integrazione della prospettiva dell’altro nella nostra visione (l’esercizio di camminare con le scarpe dell’altro)”. “Più che temere – ha ammonito – dobbiamo rallegrarci della bellezza del volto multi-colorato del nostro Ordine”.

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