“Papa Francesco ha intrapreso la riforma della Chiesa dal basso”, e ciò lo si evince “dai suoi testi ufficiali fino ai discorsi pronunciati a braccio”. Lo ha detto ieri Ermanno Genre, emerito di Teologia pratica presso la Facoltà Valdese di Roma, intervenendo al convegno ecumenico “Nella malattia e nella sofferenza le Chiese sono più vicine (a 500 anni dalla riforma di Lutero)” che si è svolto all’Istituto Camillianum di Roma. “Questo procedere dal basso”, ha osservato Genre, si vede anche in espressioni quali “aprire le porte” o “uscire fuori”. In questo modo, secondo il teologo valdese, “l’impronta pastorale del papato di Francesco pone in evidenza la nozione di Ecclesia mater e permette di individuare analogie e differenze con l’ecclesiologia della Riforma protestante, in particolare con Calvino”. In Calvino “la Chiesa madre è innanzitutto Chiesa della parola, della proclamazione del Vangelo, chiamata ad istruire, formare dei cristiani adulti nella fede – ha evidenziato il teologo – mentre in Francesco è prima di tutto Chiesa dispensatrice di misericordia nella pastorale sacramentale”. “I concetti di umiltà e carità sono presenti in Calvino così come in Francesco. Le loro due grammatiche – ha concluso Genre – per me non sono affatto inconciliabili. Francesco contrappone integrazione ad esclusione in tutti gli ambiti della vita della Chiesa: liturgico, pastorale, educativo e istituzionale. Un ampio programma di riforma che include anche la pastorale sanitaria”.