Ventimiglia: mons. Suetta (vescovo) dopo chiusura s.Antonio, “esperienza straordinaria per la città. Dovere di accoglienza non finisce”

“L’accoglienza dei migranti nella chiesa di S. Antonio è stata per Ventimiglia un’esperienza straordinaria e feconda di grande intensità umana e religiosa”. A pochi giorni dalla chiusura dell’accoglienza dei migranti in transito nella chiesa del piccolo quartiere alla periferia della città ligure – con il trasferimento degli ultimi migranti accolti nel campo gestito dalla Croce Rossa nella zona del parco Roja – il vescovo di Ventimiglia-San Remo, mons. Antonio Suetta, prova a tratteggiare al Sir un bilancio di questa particolare esperienza di apertura della Chiesa locale. “Ricordo che il giorno in cui decidemmo di attivare l’accoglienza – confida il vescovo – era la solennità del Corpus Domini. Mi stavo preparando alla processione serale quando il parroco di S. Nicola mi telefonò per chiedere la possibilità di ospitare in chiesa per quella notte alcune delle centinaia di migranti che si erano ritrovati in città senza accoglienza. Erano giorni di grande tensione alla frontiera, anche per la presenza di gruppi di No Borders, e per evitare che la situazione degenerasse, dissi subito di sì. In quell’occasione ripensai alle parole di Papa Francesco che ci invitava a riconoscere nei poveri e nei migranti, il Corpo di Cristo. Quale occasione migliore di quella. Ricordo che alla fine della celebrazione serale invitati tutti a un rinnovato sforzo di accoglienza”. All’indomani, in accordo con la Caritas locale, fu deciso di trasferire i migranti nella chiesa di s.Antonio che meglio si prestava a questo servizio. Nasceva così l’esperienza di “Ventimiglia confine solidale” che ha accolto in questi mesi circa 13mila persone. “Sono stati mesi fecondi – continua il vescovo – in cui sono nate e cresciute relazioni: penso ai legami con le Chiese di Nizza e Monaco, ma anche alle tante associazioni e gruppi venuti dalla Francia e da altre Regioni italiane”. Un’esperienza che si è conclusa definitivamente lunedì con il trasferimento dell’ultima famiglia ancora ospitata nella chiesa, ma che non pone fine all’impegno di accoglienza della diocesi. “Credo fosse una giusta esigenza delle istituzioni cittadine – conclude mons. Suetta – quella di creare un unico centro di accoglienza, anche se il passaggio è stato forse un po’ troppo frettoloso a causa dei comportamenti di chi ha voluto strumentalizzare la situazione a scopi politici, alimentando i malumori nel quartiere. Nel complesso posso però dire che la risposta della città è stata generosa. Ora bisogna continuare a operare per garantire un’adeguata accoglienza nel Campo Roja, rafforzando il ruolo dei mediatori, tutelando i minori e le famiglie, senza dimenticare i richiedenti asilo accolti sul territorio e quanti, al termine dell’iter per il riconoscimento della protezione internazionale, si ritroveranno senza accoglienza”.

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