Diocesi: mons. Semeraro (Albano), “pastorale integrata anche con le realtà del territorio”

Contro l’immobilismo mons. Marcello Semeraro, vescovo di Albano, nella prolusione al Convegno diocesano 2018 indica questa sera alcuni passaggi. Anzitutto quello da una “pastoralità” concentrata “nelle mani del parroco ad una più diffusa e partecipata” perché “la maturazione di processi di sinodalità, con l’attenzione speciale ai consigli diocesani e parrocchiali aiuterà senz’altro la crescita della consapevolezza che il soggetto primario pastorale è la Chiesa diocesana”. Per quanto riguarda la parrocchia, sua peculiarità è l’attenzione al territorio: essa “non è certamente l’unica attuazione di Chiesa storicamente possibile, ma è la forma storica privilegiata della localizzazione della Chiesa particolare”. Pertanto, chiosa Semeraro, non deve mai perdere il suo carattere di “locanda (l’ospedale da campo, direbbe Francesco) dove il Buon Samaritano conduce l’uomo ferito rinvenuto ai bordi della strada” e deve conservare la sua identità di “casa per tutti”. Di qui l’importanza di “pervenire ad una pastorale integrata, lanciata dal Convegno ecclesiale di Verona”, nella quale “azioni, progetti, iniziative e soggetti pastorali della Chiesa funzionano non soltanto in modo integrato fra di loro, ma anche con le forze educative presenti sul territorio” e le cui caratteristiche sono riassumibili in tre punti: “pluralità di presenze e di azioni; rapporti nuovi tra le diverse realtà ecclesiali sul territorio; profondo inserimento nel territorio”. Punto di riferimento di “una parrocchia che vive una pastorale integrata”, prosegue il vescovo di Albano, “sarà quanto ha scritto Francesco ai nn. 234-237 di Evangelii gaudium, spiegando” che “il tutto è superiore alla parte” e proponendo l’immagine del poliedro. Infine, conclude, la “transumanza da una pastorale direttiva a una pastorale d’accompagnamento”.

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