Guerra e giornalismo: Farinelli (Macondo) a Copercom, tra competizione e solidarietà

“L’informazione dovrebbe toccare non solo la pancia, ma anche la testa e dunque avere il senso del futuro e non solo di un avvenire programmato in precedenza. Avere il senso del tempo e delle capacità di reazione del lettore e dello spettatore”. Lo scrive don Gaetano Farinelli, presidente dell’Associazione Macondo, in un contributo per il Copercom, promotore nel mondo cattolico e laico di una riflessione a più voci sul tema della comunicazione dinanzi allo stato di guerra e sulla responsabilità che investe chi la racconta, con parole e immagini. “L’informazione – prosegue don Farinelli – dovrebbe toccare non solo la pancia, ma anche la testa e dunque avere il senso del futuro e non solo di un avvenire programmato in precedenza. Avere il senso del tempo e delle capacità di reazione del lettore e dello spettatore”. Quale sia la funzione dei mezzi di comunicazione “lo sappiamo tutti ed è l’informazione puntuale di quanto avviene, un’informazione oggettiva”. Ma quale sarà “l’informazione oggettiva, quando ognuno ha la sua interpretazione ‘soggettiva’ delle cose e segue il suo particolare?”.

Nella narrazione dei conflitti, prosegue Farinelli, “se la tensione è alta, non è il caso di aumentarla. Se il rischio del sospetto verso persone o gruppi è alto, non è bene acuirlo. Questi sono piccoli accorgimenti, che non sempre vengono seguiti. E non perché manca il buon senso, ma perché rientra il calcolo, la competizione, il dominio sull’altro”.

Intanto, aggiunge il presidente di Macondo, “aumentano le domande, aumentano e si accavallano le risposte. E già vedo che lo spettro della luce e delle ombre della comunicazione si allarga. Altre voci si aggiungono. Anche la mia voce si perde tra le voci”. Oggi, conclude, “l’abbondanza di parole e d’immagini non è sempre positiva. Ed è un poco come l’abbondanza di oggetti nella nostra società di consumo. Siamo consumatori, anche in tempo di guerra. Molti parlano e pochi ascoltano. E non serve dire: noi e loro, noi bravi e loro, mah! Perché già troppo alti sono i muri che ci dividono; speriamo che il cielo resti più alto!”.

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