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Irlanda del Nord: vescovi contro la decisione dell’Alta Corte di Belfast, “vita umana è sempre sacra”

I vescovi dell’Irlanda del Nord esprimono la loro “profonda preoccupazione” per la decisione presa ieri dall’Alta Corte (High Court) di Belfast secondo la quale le leggi che governano l’aborto in Irlanda del Nord nei casi di grave malformazione del feto o in seguito ad uno stupro, “sono in violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo”. “La nostra esperienza pastorale quotidiana – scrivono i vescovi – ci insegna che anche nei casi più difficili, la società non può dimenticare che la vita umana è sacra e sempre meritevole della nostra massima protezione, compassione e cura. La Chiesa cattolica insegna che il dovere di prendersi cura e proteggere la vita umana si estende ugualmente alla madre e al suo bambino non ancora nato in tutte le circostanze”. Nell’Irlanda del Nord l’aborto è legale solo nei casi in cui la gravidanza metta a repentaglio la vita o la salute fisica o mentale della donna. Secondo i vescovi la decisione della High Court di Belfast mette “una vita contro un’altra“ e lancia alla società il messaggio secondo il quale ”la vita di alcuni bambini è più degna di altri della nostra protezione, amore e cura”. La preoccupazione dell’episcopato irlandese è in particolare per il destino dei bimbi non ancora nati con prognosi di sindrome down e spina bifida. “I bambini vulnerabili e innocenti – si legge in un comunicato diffuso oggi – che soffrono di una condizione di vita limitante e i bambini che sono stati concepiti in seguito ad un crimine sessuale, per il quale essi non hanno alcuna responsabilità, non potranno più godere della protezione della legge per rivendicare il loro diritto naturale alla vita. Prendere deliberatamente e intenzionalmente la vita di una persona innocente è gravemente e moralmente sbagliato in tutte le circostanze”.

I vescovi ricordano che la Chiesa cattolica è da sempre schiarata per una “cultura di parità di compassione e cura per la madre e il suo bambino non ancora nato”. Ed aggiungono: “condividiamo con gli altri la convinzione che l’uccisione diretta e intenzionale di un bambino non ancora nato non può mai essere una risposta umana, compassionevole o adeguata alle circostanze complesse e delicate di una gravidanza difficile”.

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