Incontro abusi in Vaticano: mons. Scicluna, “non vincolare le procedure con un elemento di riservatezza”

“Non vincolare queste procedure con un elemento di riservatezza”. Con queste parole mons. Charles Scicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede, ha risposto alle domande dei giornalisti – durante il briefing di oggi sull’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa” – sul segreto pontificio, tema questo su cui occorre “andare avanti”, nel caso del contrasto agli abusi. “C’è un livello di protezione che la procedura canonica garantisce, per tutelare il buon nome delle persone coinvolte – ha ricordato Scicluna – ma non serve questo istituto antico che a volte viene fatto oggetto di scherno”. “Non ci devono essere insabbiamenti o mancanza di collaborazione con la giustizia civile”, ha aggiunto il card. Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco e Frisinga, presidente della Conferenza episcopale tedesca e coordinatore del Consiglio per l’economia, che sul segreto pontificio si era soffermato nella sua relazione della mattinata. “Una persona che costituisce un rischio per i minori non può essere nel ministero”, ha ribadito Scicluna citando il punto 15 dei 21 punti segnalati dal Papa all’attenzione dei 190 partecipanti all’incontro che si chiude domani, in cui si legge: “Deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico”. Sulla necessità del “mea culpa” si è soffermato, invece, padre Arturo Sosa Abascal, preposito generale dei Gesuiti, secondo il quale bisogna “chiedere perdono per gli errori commessi”, riparando così ai danni causati dalla “cultura del silenzio”. “Ci impegniamo a rispondere alle richieste di Papa Francesco, perché la Chiesa possa avanzare in maniera credibile, coerente, e ascoltare ancora di più le grida di aiuto delle vittime”. In questo incontro, secondo Sosa, “ci sono stati passi molto chiari: fare emergere tutta la verità sugli abusi è già un grande passo avanti. Bisogna andare a fondo nella comprensione delle cause, per trovare i rimedi e prevedere strategie a medio e lungo termine. Le diversità culturali non possono essere una giustificazione per la cultura dell’abuso”. “La cultura del segreto rende certe questioni un tabù”, è stato detto all’interno del dibattito tra i vescovi, come ha riferito il prefetto del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Paolo Ruffini. “La responsabilità per gli abusi non è solo del clero e dei vescovi, ma di tutto il popolo di Dio”, hanno detto inoltre i 190 partecipanti, secondo quanto ha riferito Ruffini ai giornalisti.

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