Incontro abusi in vaticano: mons. Naameh, “troppo spesso siamo stati fermi, abbiamo guardato dall’altra parte”

“Troppo spesso siamo stati fermi, abbiamo guardato dall’altra parte, evitato conflitti – eravamo troppo compiaciuti per confrontarci con il lato oscuro della Chiesa”. È il “mea culpa” di mons. Philip Naameh, arcivescovo di Tamale, che ha tenuto l’omelia della liturgia penitenziale nella Sala Regia del Palazzo Apostolico, a conclusione della terza giornata dell’incontro in Vaticano su “La protezione dei minori nella Chiesa”. “Abbiamo tradito la fiducia che era stata riposta in noi, in particolare riguardo all’abuso nell’ambito della responsabilità della Chiesa, che è sostanzialmente la nostra responsabilità”, ha proseguito il vescovo: “Non abbiamo garantito alle persone la protezione a cui hanno diritto, abbiamo distrutto la speranza e la gente è stata brutalmente violata nel corpo e nello spirito”. “Il figlio prodigo del Vangelo perde tutto: non solo la sua eredità ma anche il suo stato sociale, la sua buona posizione, la sua reputazione”, il riferimento al brano evangelico letto poco prima: “Non ci dovremmo sorprendere se ci toccasse un destino simile, se la gente parla male di noi, se c’è sfiducia nei nostri confronti, se alcuni minacciano di ritirare il loro sostegno materiale. Non dobbiamo lamentarcene; piuttosto, chiederci cosa dovremmo fare in modo diverso. Nessuno si può esimere, nessuno può dire: ma io personalmente non ho fatto niente di male. Noi siamo fratelli nell’episcopato e non siamo responsabili solo di noi stessi, ma anche per ciascun altro membro della nostra fratellanza e per la fratellanza in se stessa”. “La strada davanti a noi per attuare veramente tutto questo in maniera sostenibile e appropriata, è lunga”, il bilancio del presule africano: “Abbiamo ottenuto progressi diversi camminando a velocità diverse. L’incontro attuale è stato soltanto un passo di tanti. Non crediamo che solo perché abbiamo iniziato a scambiare qualcosa tra di noi, tutte le difficoltà siano eliminate. E come per il figlio del Vangelo che ritorna a casa, non tutto è risolto – quanto meno, dovrà riconquistare suo fratello. Noi dovremo fare la stessa cosa: dobbiamo riconquistare i nostri fratelli e sorelle nelle congregazioni e nelle comunità, riconquistare la loro fiducia e ri-ottenere la loro disponibilità a collaborare con noi, per stabilire insieme il Regno di Dio”.

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