Dismissione chiese: card. Ravasi, “non si può entrare in modo indifferente in uno spazio che respira ancora l’incenso e conserva l’eco dei canti delle liturgie”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Costi di gestione e manutenzione di beni mobili e immobili in costante aumento, calo numerico dei sacerdoti, fuga dei fedeli. La dismissione dei luoghi di culto è un fenomeno in espansione ed è trasversale alla Chiesa cattolica e a quelle protestanti. Per affrontarlo nella sua complessità, in occasione dell’Anno europeo del patrimonio culturale 2018 il Pontificio Consiglio della cultura – Dipartimento per i beni culturali, la Conferenza episcopale italiana – Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto, l’Università Gregoriana – Facoltà di storia e beni culturali della Chiesa – Dipartimento dei beni culturali della Chiesa, promuovono il 29 e 30 novembre presso l’Ateneo dei gesuiti il convegno internazionale “Dio non abita più qui? Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici”. Presentando oggi l’appuntamento presso il Pontificio Consiglio della cultura, il cardinale presidente Gianfranco Ravasi evidenzia la “trasversalità” del tema. Anzitutto di tipo storico-cronologico: “la questione delle requisizioni è sempre stata una componente della storia”. Basti pensare a Napoleone o alla basilica romana di Santa Maria degli Angeli o a quella di Santa Croce a Firenze, proprietà dello Stato attraverso il Fondo edifici di culto (Fec) del ministero degli Interni. Ma la trasversalità “è anche di ordine spaziale perché il fenomeno attraversa Europa, Stati Uniti, Canada, Oceania ma tocca anche Paesi come l’India in cui si cerca di far scivolare un edifico sacro in un altro ambito”. E lo è anche dal punto di vista socio-culturale: “Uno degli specchi del declino della pratica religiosa e dell’avanzare della secolarizzazione; dell’ateismo apatico, indifferente; del declino del clero”. Infine lo è anche a livello “disciplinare”, ha implicazioni giuridiche e artistico-culturali e “coinvolge il dialogo con la società nel suo insieme”. Un discorso complesso, conclude Ravasi: “Non si può entrare in maniera indifferente in uno spazio che respira ancora le volute d’incenso e conserva l’eco dei canti delle liturgie”.

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