Mafia: D’Agata (ex boss), “chi vive nell’illegalità non può pregare”

“Entrare in un’associazione di tipo mafioso è un atto di fedeltà, ha fatto bene Papa Francesco a dire che è assurdo poter credere che chi vive nell’illegalità possa pregare”. Lo dice Marcello D’Agata, boss di Cosa Nostra che sconta un ergastolo ostativo per delitti di mafia, in un’intervista al settimanale Credere da oggi in edicola. È detenuto da 26 anni, 8 dei quali passati al 41 bis, il regime di carcere duro riservato alla criminalità organizzata. “Se io sapessi che con il mio silenzio mi sto rendendo complice del male, non esiterei un solo istante a parlare”, dichiara. Nel carcere di Opera, D’Agata ha iniziato a dipingere e due suoi quadri sono stati scelti per diventare francobolli del Vaticano. Un lavoro, questo, che nasce da un cammino di conversione compiuto proprio nel penitenziario milanese. “Parlo di un contesto di 40 anni fa, ma credo che più generalmente non si possa parlare di autentica fede cristiana da parte della criminalità, bensì di una convinzione alimentata dall’ignoranza”, sostiene D’Agata, che spiega la differenza tra dissociazione e collaborazione. “Il pentimento non è relativo alla collaborazione. Verità e giustizia sono sempre collegate, ma un conto è la giustizia degli uomini, un’altra cosa è quella di Dio. Io seguo quella divina e sono già libero”.

© Riproduzione Riservata

Quotidiano

Quotidiano - Italiano

Riepilogo

Informativa sulla Privacy