Funerali Antonio Megalizzi: il saluto dell’amico e collega di Europhonica, “porteremo avanti il tuo sogno”

Pubblichiamo il testo integrale del saluto pronunciato da Andrea Fioravanti, un amico e collega di Antonio Megalizzi, al termine dei funerali del giovane giornalista celebrati oggi pomeriggio nella cattedrale di Trento.

Antonio sarebbe il primo a stemperare la tensione. A dirci di buttare via il foglio ed improvvisare, perché il bello della radio è l’adrenalina della diretta. Lo farebbe con la sua elegante ironia e una voce così irriverente ma affabile da mettere a proprio agio chiunque.
Ci sono persone che possono dire di conoscere Antonio da anni, decenni. Con noi ha condiviso tre anni della sua vita. Tre anni fatti di viaggi dell’ultimo minuto su qualsiasi mezzo in giro per l’Europa, corse nei corridoi del Parlamento europeo a caccia di dichiarazioni, audio registrati in posti improbabili, discussioni appassionate su Whatsapp su come raccontare l’Unione europea e riunioni interminabili. Ma anche tante risate, battute e confidenze.
Sono solo tre anni, ma abbiamo creato con lui un rapporto fortissimo pur abitando tutti in città diverse. È più facile farlo quando costruisci insieme un sogno.
Se Europhonica fosse una metafora facile, sarebbe un Don Chisciotte che va contro i mulini a vento dell’indifferenza nei confronti delle Istituzioni europee. Per farvi capire com’era Antonio, non solo era il primo a guidare la carica contro i mulini, ma aveva trovato i cavalli, studiato il percorso e venduto i diritti della storia a Cervantes. Perché Antonio aveva mille idee giornalistiche e imprenditoriali al giorno su come raccontare l’Unione europea.
Aveva un approccio “democraticamente pop” e una dote naturale: spiegare in modo semplice la materia più difficile del mondo, l’Europa e le sue Istituzioni. Lo faceva anche smontando con pazienza meticolosa tutte le bufale e i miti negativi che circolano in rete. Perché Antonio pensava che il suo fosse il lavoro più bello del mondo. Desiderava farlo per sempre. Basta leggere l’hashtag che accompagnava le sue foto: “My job is better than your vacation” – “Il mio lavoro è meglio della tua vacanza”.
“Sogno ancora di arrivare in alto, non penso mai che possa essere troppo”, ci scriveva. “L’unica domanda che mi faccio è: quanto poco mi sono impegnato oggi perché accada?”. E ancora: “Ho una vita assurda. Inizio a lavorare alle 6.30 e torno a casa alle 21. Però Europhonica è il progetto che vorrei mi desse da vivere. Ce la dobbiamo fare”.
Antonio era così, non aveva mai tempo perché viveva tanto. Le sue frasi non erano mai pronunciate a caso. “Le parole mi danno da vivere, quindi do loro il giusto peso”, ci diceva. Il suo motore era la sana ambizione. “Sono felice, ma perché non posso ambire ad essere più felice?”.
Antonio non sarà mai per noi una figurina, un’immagine cristallizzata irraggiungibile. Continua a vivere dentro di noi, nei nostri ricordi e nel nostro operato. Porteremo avanti il suo sogno, il nostro sogno che per anni abbiamo inseguito contando solo sulla nostra passione.
Con Antonio abbiamo perso un altro amico, il nostro travolgente, instancabile ed eccentrico Bartek che ci ha ospitato in questi tre anni ogni volta che andavamo a Strasburgo. In questo momento ci piace immaginare da qualche parte Bartek che trascina Antonio in uno dei suoi interminabili tour culturali pieni di aneddoti. Bartek direbbe mescolando francese, inglese, italiano: “C’è un mio amico che conosce un posto da dove si vede benissimo la diretta di Europhonica a Strasburgo”. E Antonio risponderebbe: “Non ci credo, Bartek, anche qui un altro tour”. Ma poi accetterebbe con un sorriso e i due si allontanerebbero discutendo di Unione europea, politica e amicizia, come facevano sempre.

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