Cappellani carceri: don Grimaldi (ispettore generale), “serve più attenzione soprattutto verso le fasce più deboli di detenuti”

“Noi continuamente ringraziamo Papa Francesco. Da quando ha iniziato il suo ministero, ha aperto il cuore della misericordia a molti, entrando nelle carceri e risvegliando le coscienze di tanti, nella politica e tra la società civile. Il Giubileo della misericordia ci ha dato un grande aiuto: molte comunità esterne sono entrate in carcere creando un ponte tra dentro e fuori”. Lo dice don Raffaele Grimaldi, ispettore generale dei cappellani delle carceri italiane, in un’intervista al Sir, in cui traccia un bilancio del terzo convegno nazionale dei cappellani e degli operatori pastorali nelle carceri, che si è svolto a Montesilvano (Pe), dal 22 al 24 ottobre. Don Grimaldi, dopo aver illustrato i temi affrontati durante l’incontro, non manca di mettere a fuoco le numerose criticità che si vivono nelle carceri italiane. Primo, fra tutti, l’elevato numero dei suicidi, tra detenuti, ma anche tra agenti della Polizia penitenziaria. “La realtà del carcere è sempre contraddistinta dall’emarginazione – sottolinea l’ispettore dei cappellani -. Tanti suicidi avvengono perché c’è poca attenzione verso le fasce più deboli e ciò è dovuto anche alla mancanza di personale e di educatori all’interno degli istituti”.
E, rispetto al dramma della detenuta di Rebibbia che ha ucciso i suoi due figli piccoli, commenta: “I bambini non dovrebbero stare nelle carceri. Occorrerebbe un’attenzione particolare verso le madri che hanno dei bambini in prigione con loro. Di qui la necessità di strutture ad hoc dove sia garantita la vigilanza delle detenute, ma anche la libertà dei piccoli”. Anche ” la scarsità di attività trattamentali, di incontri con educatori e volontari o la possibilità di usufruire di misure alternative” gravano sul clima pesante che si respira in carcere, assicura il sacerdote.

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