Ong e migranti: Moas sospende operazioni nel Mediterraneo e si sposta in Asia per aiutare i Rohingya

L’Ong Moas (Migrants offshore aid station) ha deciso di sospendere le sue operazioni di salvataggio nel Mediterraneo e spostarle nel Sud-est asiatico, nel Golfo del Bengala, per alleviare le sofferenze della minoranza Rohingya perseguitata. Prima unità mobile di ricerca e salvataggio in mare, Moas è stata fondata nel 2014 con l’obiettivo di ridurre le tragiche perdite di vite umane lungo la rotta fatale delle migrazioni. Nei tre anni successivi, Moas ha salvato più di 40mila persone, tra bambini, donne e uomini vittime di violenza, povertà e persecuzione.  “Attualmente però non è chiaro cosa succeda in Libia ai danni delle persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati in ottemperanza al diritto internazionale e per difendere il principio di umanità – afferma oggi in una nota -. Moas non vuole diventare parte di un meccanismo in cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri”. Moas resta però determinata a proseguire la sua azione umanitaria laddove necessario e richiama l’appello di Papa Francesco, lo scorso 27 agosto, sulla crisi dei Rohingya in Myanmar. “Così come, nel 2014, Moas ha seguito l’appello di Papa Francesco ad assistere i migranti lungo il confine del Mediterraneo, oggi rinnova il suo impegno nel golfo del Bengala”, precisa l’Ong fondata dai coniugi Chris e Regina Catambrone. Da lì Moas fornirà “assistenza e aiuti umanitari ai Rohingya e lavorerà alla creazione di una sistema organico di trasparenza, sostegno e responsabilità nella regione, dove è in corso un esodo mortale alla frontiera fra Bangladesh e Myanmar”. Nel frattempo, precisa, “continuerà a tenere sotto osservazione le rotte migratorie nel Mediterraneo, pronta a rispondere a quei cambiamenti che consentano di operare secondo i propri principi”.

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