Incontro Sant’Egidio: appello di pace, “l’incontro e il dialogo disarmano e fermano i violenti”

(dall’inviata a Osnabrück) “L’incontro e il dialogo disarmano e fermano i violenti. Perché sappiamo che mai la guerra è santa e che chi uccide nel nome di Dio non ha cittadinanza né tra le religioni, né tra gli uomini”. È l’appello di pace che leader religiosi, cristiani delle diverse fedi, ebrei, musulmani, sikh, zoroastriani, hindi, jainisti e buddisti hanno lanciato da Osnabrück, nel cuore della Westfalia, al termine dell’incontro interreligioso “Strade di pace” promosso dalla Comunità di Sant’Egidio, nello “Spirito di Assisi”.

“Dopo giorni intensi, di incontri e amicizia – si legge nel messaggio -, ci ritroviamo insieme, donne e uomini di diverse religioni per dire a tutti la necessità di aprire nuove strade di Pace. Il mondo ne ha bisogno come il pane, per non restare prigioniero del passato e della paura. Lo invocano popoli interi, resi poveri e schiavi da conflitti senza fine. Lo sollecitano le vittime della violenza e di un terrorismo senza pietà. Lo implorano profughi e sfollati che, per conflitti e disastri ambientali, hanno abbandonato la loro terra”. L’appello contiene un richiamo all’Europa: “Ha bisogno di essere più unita, aperta e solidale. Occorre vincere la paura e i pregiudizi che portano ad allontanare l’altro, solo perché diverso o perché non lo si conosce, spesso senza capirne le ragioni”.

Sulla minaccia terroristica, i leader scrivono: “Il nostro è un no convinto al terrorismo, che nei mesi scorsi ha ferito troppe terre e ucciso troppi innocenti, nel Nord e nel Sud del mondo”. Ed aggiungono: “Ci impegniamo a lavorare per rimuovere le cause all’origine di molti conflitti: l’avidità di potere e denaro, il commercio delle armi, il fanatismo, il nazionalismo”. Preoccupa anche il riaffacciarsi “in modo inquietante, dall’estremo Oriente, il rischio di un conflitto nucleare”. “Che cosa possono fare i credenti?”, si chiedono i responsabili delle religioni mondiali. “Il nostro stare insieme tra diverse religioni, cresciuto in questi anni – scrivono -, è un segno di pace e ha già creato una rete di prevenzione dei conflitti. C’è grande attesa nei nostri confronti. Viene dagli umili e dai poveri della terra. È una grande responsabilità: non possiamo far prevalere la rassegnazione o, peggio, l’indifferenza”. Come dissero lo scorso anno ad Assisi con papa Francesco, i leader ripetono che “la pace è il nome di Dio” e “chi invoca il Suo nome per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra, non cammina sulla Sua strada”. “Per questo oggi, con l’aiuto di Dio e il sostegno di tanti, vogliamo impegnarci solennemente ad aprire, nel nostro mondo, nuove Strade di Pace”.

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