Giornata del Creato: p. Cantalamessa, il recente terremoto ci ricorda che “non siamo noi i padroni della terra”

I “guasti peggiori dell’ambiente” e “la miseria di immense masse umane” sono prodotti dall’ “insaziabile desiderio di alcuni di accrescere a dismisura i propri possedimenti e profitti”, ha osservato nell’omelia dei Vespri, questa sera nella basilica vaticana, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia. Tuttavia, ha ammonito, “qualche volta” la verità “che non siamo noi i padroni della terra ci viene bruscamente ricordata da eventi come quello del terribile terremoto della scorsa settimana”. Sottolineando che per san Francesco d’Assisi, “amore per la povertà e amore per il creato andavano di pari passo e avevano una radice comune nella sua radicale rinuncia a voler possedere”, il predicatore delal Casa pontificia ha ricordato che “il Santo Padre raccoglie questo messaggio quando fa dell’’intima relazione tra i poveri e la fragilità del pianeta’ uno degli ‘assi portanti’ della sua enciclica sull’ambiente (Laudato si’, n. 16)”. Richiamando il terremoto della scorsa settimana, ha quindi osservato: “Torna allora a porsi la domanda di sempre: ‘Dov’era Dio?’”. “Non commettiamo l’errore di pensare che abbiamo la risposta pronta a tale domanda. Piangiamo con chi piange, come faceva Gesù”, qualcosa però “la fede ci permette di dire. Dio non ha progettato il creato come fosse una macchina o un computer”. Secondo padre Cantalamessa, “per analogia con l’uomo, possiamo parlare di una sorta di ‘libertà’ che Dio ha dato alla materia di evolversi secondo leggi proprie”. “Questo comporta rischi tremendi per l’uomo, ma anche un supplemento di dignità e di grandezza”. Una cosa “però Gesù ci assicura fin d’ora ed è che la creatura umana non è mai completamente in balìa degli elementi umani”. Alla domanda: “Dove era Dio la notte del 23 agosto?”, “il credente – conclude il cappuccino – non esita a rispondere con tutta umiltà: ‘Era lì a soffrire con le sue creature e ad accogliere nella sua pace le vittime che bussavano alla porta del suo paradiso’”.

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