Utero in affitto: D’Agostino (Ugci), ogni contratto è “illecito sul piano bioetico e biogiuridico”

“Ogni contratto di surrogazione di maternità” è illecito “sul piano bioetico e biogiuridico”. Lo afferma Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione giuristi cattolici italiani (Ugci), commentando la pratica dell’utero in affitto al centro della cronaca di questi giorni. “La Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina del 1997) all’art.21 vieta ogni commercializzazione del corpo umano e dei suoi prodotti”, spiega, e questo articolo “può considerarsi estensibile anche ai casi di commercializzazione e sfruttamento legati all’utilizzo delle capacità riproduttive”. Il giurista si sofferma in particolare sul contratto di surrogazione, strumento giuridico indispensabile per la concreta effettuabilità della pratica, ma che entra “in contraddizione con i principi bioetici fondamentali che concernono la dignità della procreazione umana”. Diversi i punti problematici su cui D’Agostino richiama l’attenzione. Anzitutto “l’indebito vincolo contrattuale” cui si trova sottoposta la gestante “per quel che concerne i controlli sanitari cui dovrebbe sottoporsi e più in generale il suo stesso stile di vita” durante la gravidanza. Quindi la “banalizzazione dell’esperienza stessa della gestazione, per quel che concerne i rapporti bio-psicologici tra la gestante e il nascituro, destinati ad essere definitivamente interrotti nel momento della consegna del neonato, dopo il parto, da parte della puerpera a chi avesse stipulato con lei il contratto di surrogazione”. E ancora: “l’inevitabile sottoposizione del neonato, nato da maternità surrogata, a un indebito controllo di ‘qualità’ da parte del committente”. Infine l’impossibilità di predeterminare “il rilievo da dare ai possibili eventi avversi che potessero emergere nel corso della gestazione e del parto” e di “individuare in modo nitido e ragionevole a quale dei soggetti coinvolti nel processo di maternità surrogata andrebbe conferito il potere di operare le conseguenti scelte sanitarie rilevanti: da una decisione abortiva o di riduzione embrionale” fino a quella di una qualsiasi terapia prenatale “che comportasse ricadute anche sulla salute della gestante”.

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