Utero in affitto: Baccari (Lumsa) “dov’è finito il principio del mater semper certa?”

“Da un paio di mesi abbiamo assistito al dilagare di un pensiero unico e liquido; da un paio di giorni poi sembra di trovarci addirittura dinanzi ad un pensiero schizofrenico. Di fronte a questo panorama il giurista è seriamente preoccupato”, dichiara Maria Pia Baccari, professore ordinario di Istituzioni del diritto romano alla Libera università Maria Santissima Assunta (Lumsa) commentando la pratica dell’utero in affitto al centro delle cronache di questi giorni. “C’è un coro unanime contro la maternità surrogata, reato in Italia, – spiega Baccari – considerato nuova schiavitù, mercificazione, bimbo-giocattolo ma, allo stesso tempo, si continua a guardare con rammarico allo stralcio dal ddl Cirinnà della stepchild adoption, che ha a che fare con figli, ‘figliastri’ (termine mai adoperato in un testo di legge italiano), utero in affitto, maternità surrogata”. Su questi aspetti il diritto romano aveva aspetti più precisi: “Si sente spesso dire che in diritto romano la donna non era protetta, ma oggi, contro la donna, contro la donna incinta, il suo corpo, la sua salute fisica e psichica vengono perpetrati i peggiori crimini: stiamo regredendo e non poco. Ebbene i giuristi romani che proteggono la donna incinta (mulier gravida, praegnans, praegnas, in utero gestare, partus, procreatio e mater semper certa) sono numerosissimi”. Oggi invece si viene a determinare confusione “nel senso che mater semper certa come principio vive ‘ancora’, anche se talvolta vi può essere incertezza o non rispondenza, ad esempio, tra l’ovulo fecondato impiantato e colei che partorisce, alla quale viene tolto il bimbo”. Il panorama sociale è molto cambiato, dice la giurista: “Oggi l’enorme sviluppo della scienza medica e, in particolare, delle biotecnologie, come pure l’individualismo, il relativismo, il secolarismo della società hanno fatto perdere di vista i principi del sistema e affidato all’opinione ogni discernimento”. Eppure, in fondo, conclude Maria Pia Baccari: “la domanda fondamentale è ‘quali siano i criteri per cui una legge possa essere giudicata buona o cattiva’ (Cicerone, de legibus, 1, 42 e sgg.). Al riguardo Cicerone dice che ‘non si può distinguere una legge buona da una cattiva in base ad alcuna norma se non quella della natura (naturae norma)’ (de legibus 1, 44). Dal momento infatti che il ‘comune intendimento umano’ ‘ci fa conoscere le cose dopo averle abbozzate nel nostro animo, sicché si annoverino tra le virtù le azioni oneste e tra i vizi le disoneste; il volerle poi far dipendere dall’opinione e non dalla natura è da pazzi’ (Haec autem in opinione existimare, non in natura posita, dementis est: de legibus 1, 44 e sgg.)”.

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