Hotspot: Tavolo nazionale asilo, “luoghi di illegalità, gravi prassi e violazioni di diritti”

Respingimenti arbitrari (anche di minori stranieri non accompagnati), trattenimento coatto, uso della forza, negazione dell’accesso alla procedura d’asilo: sono le “gravissime prassi e violazioni di diritti fondamentali” che le organizzazioni riunite nel Tavolo nazionale asilo – tra cui Caritas italiana, Acli, Comunità di Sant’Egidio, Cir, Centro Astalli, ecc. – stanno riscontrando negli “hotspot” di Lampedusa, Trapani e Pozzallo, i centri chiusi voluti dall’Unione europea per identificare i migranti che arrivano nei Paesi di frontiera, Italia e Grecia in primo luogo, per poi ricollocarli nei vari Paesi membri. Secondo le organizzazioni gli “hotspot” – nelle prossime settimane è prevista l’apertura di altri centri a Porto Empedocle, Augusta e Taranto – stanno già diventando “luoghi di illegalità”, che creano “muri e recinti” e considerano il richiedente asilo come “un pacco da spostare, non una persona da proteggere”. Anche il previsto meccanismo di ricollocamento, rilevano, si basa su “modalità di funzionamento tali da decretarne fin da principio il sostanziale fallimento”. Le organizzazioni riferiscono casi di “centinaia di persone che, nonostante la loro manifestazione di voler richiedere protezione, hanno ricevuto decreti di ‘respingimento differito’ con l’obbligo di lasciare l’Italia entro 7 giorni attraverso l’aeroporto di Fiumicino”: “Sono stati lasciati letteralmente sulla strada, privi di assistenza, esponendoli al forte rischio di finire nelle maglie della criminalità organizzata, sia in qualità di vittime, che di complici e alimentando il senso di insicurezza degli stessi territori”. Ci sono inoltre molti casi di minori non accompagnati “erroneamente identificati come maggiorenni” ma che hanno ricevuto un decreto di respingimento.

Le organizzazioni sono anche preoccupate per la “tendenza a distinguere le persone in base alla loro nazionalità”, escludendo automaticamente dalla procedura d’asilo i migranti provenienti da Gambia, Senegal, Nigeria e Ghana e limitando la pratica “quasi esclusivamente in favore di eritrei”. Una prassi che nega il principio basilare della Convenzione di Ginevra sui rifugiati, secondo la quale per il riconoscimento della protezione “conta solo la situazione individuale, la personale esposizione a persecuzioni e violenze, non l’appartenenza a questa o quella nazionalità”. Tutto ciò sta causando una “grave sfiducia” nelle organizzazioni che lavorano con i migranti, anche perchè “favorisce il ruolo dei trafficanti”. A questo proposito chiedono, tra l’altro, che negli hotspot “l’attuale legge italiana venga scrupolosamente attuata” e i centri “ritornino ad essere luoghi di prima accoglienza e di soccorso”; che sia data un’accurata informativa alle persone appena sbarcate in Italia;  che chi manifesta l’intenzione di chiedere protezione venga ammesso alla procedura d’asilo “senza distinzione alcuna rispetto alla loro nazionalità e che vengano subito trasferiti nei centri di accoglienza del sistema Sprar, adeguatamente potenziato”.

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