Culle vuote

Siamo destinati a diventare un Paese di vecchi? Indubbiamente il rischio c’è ed è concreto. I nostri giovani non si sposano o, se si sposano, non mettono nei loro progetti i figli. Dobbiamo dire che non hanno tutti i torti perché nel momento in cui dovessero decidere di avere figli hanno contro un comune modo di pensare che preferisce la libertà al vincolo di una famiglia con figli. Poi, e non per importanza, c’è la questione del lavoro… sempre più precario e sempre più irraggiungibile. Ed a tutto ciò è da aggiungere che le politiche a favore della famiglia sono sempre più annunciate e quasi mai decollate

(Foto Siciliani - Cristian Gennari/SIR)

Nella scorsa settimana l’Istat ha reso pubblico il dossier 2019 relativo al Bilancio demografico nazionale. Il comunicato stampa si apre con una dichiarazione fin troppo esplicita: “ Dal 2015 la popolazione residente è in diminuzione, configurando per la prima volta negli ultimi 90 anni una fase di declino demografico”.
Negli ultimi anni nella nostra nazione sono decisamente in calo le nascite, siamo a cifre negative record che non si registravano addirittura dall’Unità d’Italia.
È sempre il comunicato Istat a precisare che “Il calo è interamente attribuibile alla popolazione italiana, che scende al 31 dicembre 2018 a 55 milioni 104mila unità, 235mila in meno rispetto all’anno precedente (-0,4%). Rispetto alla stessa data del 2014 la perdita di cittadini italiani (residenti in Italia) è pari alla scomparsa di una città grande come Palermo (-677mila)”.
Lo stesso comunicato precisa: “Si consideri, inoltre, che negli ultimi quattro anni i nuovi cittadini per acquisizione della cittadinanza sono stati oltre 638mila. Senza questo apporto, il calo degli italiani sarebbe stato intorno a 1 milione e 300mila unità”.
Le cifre parlano chiaro e non possono non suscitare in tutti noi una seria riflessione.
Sempre lo stesso comunicato chiarisce come “… la popolazione italiana ha da tempo perso la sua capacità di crescita per effetto della dinamica naturale, quella dovuta alla “sostituzione” di chi muore con chi nasce. Nel corso del 2018 la differenza tra nati e morti (saldo naturale) è negativa e pari a -193mila unità”.
Siamo destinati a diventare un Paese di vecchi? Indubbiamente il rischio c’è ed è concreto.
Gli esperti si stanno affaticando a dare le più diverse letture di queste cifre, e questo è certamente un bene. Rischia di diventare un male nel momento in cui le analisi degli esperti restano nel limbo degli annunci, in attesa di quel poco tempo che basta a far dimenticare a tutti questo serio problema.
I nostri giovani non si sposano o, se si sposano, non mettono nei loro progetti i figli. Dobbiamo dire che non hanno tutti i torti perché nel momento in cui dovessero decidere di avere figli hanno contro un comune modo di pensare che preferisce la libertà al vincolo di una famiglia con figli. Poi, e non per importanza, c’è la questione del lavoro… sempre più precario e sempre più irraggiungibile. Ed a tutto ciò è da aggiungere che le politiche a favore della famiglia sono sempre più annunciate e quasi mai decollate.
In Italia spesso ci si affida all’amore ed alla disponibilità dei nonni, quando questi ultimi hanno risorse economiche e forze fisiche sufficienti a favore dei piccoli nipotini.
La politica dovrebbe prendere atto sul serio che tanti settori dello stato sociale sono sorretti dal volontariato. E il volontariato non può e non deve sostituirsi allo Stato. La sua funzione è importantissima: basti pensare ai grandi eventi drammatici dove la presenza dei volontari è stata determinante, ovviamente e giustamente accanto alle forze dell’ordine, che comunque, risultano sempre più in misura decisamente insufficiente rispetto alla domanda.

(*) direttore “L’Araldo Abruzzese” (Teramo-Atri)

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