Patto per la vita

A partire dallo slogan “È vita, è futuro” i vescovi intendono richiamarci alla innegabile coincidenza e all’interconnessione tra il rispetto della vita e qualsiasi reale prospettiva per la Chiesa e per la società

L’annuale messaggio del Consiglio episcopale permanente diffuso in occasione della Giornata nazionale per la vita che celebriamo il 3 febbraio rischia di essere colto come un appello scontato e consueto, mentre va accolto nella sua reiterata urgenza per la coscienza e le scelte della comunità ecclesiale e dell’intera comunità nazionale, che rischiano di assuefarsi ad una mentalità antinatalista, come pure ad una strisciante indifferenza e trascuratezza nei riguardi della vita, specialmente nelle situazioni più fragili. A partire dallo slogan “È vita, è futuro” i vescovi intendono appunto richiamarci alla innegabile coincidenza e all’interconnessione tra il rispetto della vita e qualsiasi reale prospettiva per la Chiesa e per la società. Troviamo significativo – e per nulla scontato, anzi piuttosto controcorrente – che il primo richiamo dei vescovi sia dedicato al rispetto e alla valorizzazione degli “anziani” come “memoria del popolo”, il cui “sguardo saggio e ricco di esperienza” – assicurano – “consentirà di rialzarsi dai terremoti – geologici e dell’anima – che il nostro Paese attraversa”. Ma è fondamentale e indispensabile quella più volte auspicata “alleanza tra le generazioni” che consolidi “la certezza per il domani” che invece è messa a dura prova dalla “mancanza di un lavoro stabile e dignitoso”. E occorre un “patto per la natalità” coinvolgendo tutte le forze politiche e culturali, riconoscendo il ruolo della famiglia come “grembo generativo del nostro Paese”. È spontaneo domandarsi se i provvedimenti socio-politici in Italia, sia quelli passati sia i più recenti, vanno in queste direzioni o se invece sembrano disattendere condizioni reali e prospettive ragionevoli. L’invito è anche a superare “ogni sterile contrapposizione” per concentrarsi ed operare sempre e comunque a sostegno della vita. Nulla di scontato, direi, perché c’è sempre bisogno di fare dei passi avanti, per non fermarsi o addirittura arretrare, nel rispetto e nell’accoglienza della vita “prima e dopo la nascita, in ogni condizione e circostanza in cui essa è debole, minacciata e bisognosa dell’essenziale”. Non poteva certo mancare il “classico” richiamo alla difesa della vita nascente – motivo centrale che fin dall’inizio, oltre quarant’anni fa, spinse la Chiesa italiana a proporre questa “Giornata” nazionale -, la difesa “dell’innocente che non è nato” e, senza mezzi termini, ancora una volta l’esplicito cenno alla “piaga dell’aborto”, mai da ritenere un “male minore” ma da riconoscere, quale indubbiamente è – per quanto in condizioni problematiche -, sempre un “crimine”. E insieme a questo non poteva mancare – di questi tempi e in queste travagliate circostanze – un cenno, sintetico ma incisivo, al “dolore per le donne, gli uomini e i bambini la cui vita, bisognosa di trovare rifugio in una terra sicura, incontra tentativi crescenti di respingere profughi e migranti verso luoghi dove li aspettano persecuzioni e violenze”. Questioni reali, concrete e attuali, che interrogano le coscienze dei cristiani e dei cittadini, dei politici e degli educatori.

(*) direttore “Nuova Scintilla” (Chioggia)

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