Tav: la politica non rinunci alle sue responsabilità

La complessità non si può risolvere con un Sì o con un No in una scheda elettorale, scaricando la responsabilità della decisione sui cittadini. Per questo motivo è auspicabile che il Governo e il Parlamento trovino il coraggio e la dignità di giungere a una decisione in rappresentanza del popolo italiano

Ci risiamo. O almeno così sembra. C’è sul tavolo una questione molto importante per il futuro del Paese e bisogna decidere. Si tratta se proseguire o fermare per sempre la Tav Torino-Lione. In realtà su questo tema l’Italia si è già esposta e non poco, sottoscrivendo trattati internazionali e assumendosi precisi impegni. Di questo tema si discute da almeno trent’anni. Siamo ancora nella Prima Repubblica quando, nel 1990, fu fondato un Comitato promotore presieduto tra gli altri da Umberto Agnelli, e poi da Sergio Pininfarina. L’opera era considerata “scelta strategica” per l’Italia.
Nel 1994 l’Ue inserì l’opera nell’elenco dei “14 progetti prioritari nel settore dei trasporti e dell’energia”. Fu il Governo Dini, nel 1996, a siglare il primo Accordo tra Italia e Francia ed è firmata nel 2001 da Pier Luigi Bersani, all’epoca ministro dei Trasporti nel Governo Amato, l’intesa che conteneva la prima idea di tracciato.
Insomma una storia lunga, lunga, lunga (come tante altre storie nel nostro Paese), dove, nonostante infinite discussioni e polemiche, le decisioni sono andate avanti. L’ultima intesa sulla Torino-Lione, firmata a Parigi il 24 febbraio 2015, è stata definitivamente approvata dal Parlamento italiano il 20 dicembre 2016.
Ora i lavori possono ancora essere fermati. I costi di una scelta del genere non sono stati ancora quantificati (anche perché, ovviamente, ci sono ipotesi di conteggi molto diversi a seconda del punto di vista). Quello che è certo è che sarebbe una scelta con un prezzo anche economico notevole. Basti considerare che l’Ue si è impegnata a finanziare l’opera per il 40% (il massimo possibile), ma è un supporto garantito solo se gli impegni di Italia e Francia saranno rispettati. Ma se si ritiene che il danno che si subirebbe nel caso della realizzazione dell’Alta Velocità sarebbe di gran lunga maggiore rispetto al prezzo da pagare per la sua cancellazione, si deve procedere in questa direzione.
L’empasse a cui siamo di fronte è nota: i firmatari del contratto di governo (Lega e Cinque Stelle) hanno sull’argomento posizioni opposte. Anche su questo fatto la storia repubblicana ha mostrato una casistica così ampia e variegata che non c’è certo da stupirsi troppo. Quello che lascia perplessi è l’ipotesi di ricorrere al popolo sovrano per dirimere una questione così spinosa. In realtà, anche di questo non ci si dovrebbe stupire più di tanto nella stagione in cui crescono i fautori di quella che viene definita “disintermediazione”, ovvero la riduzione massima di chi ha un ruolo di “mediazione” tra il popolo e il detentore del potere politico.
In tale prospettiva il Parlamento potrebbe trasformarsi in un club di bridge, o in un ritrovo di appassionati filatelici perché il governante di turno punterebbe al rapporto diretto con gli elettori. Questo avrebbe il suo culmine nell’utilizzo del web grazie al quale, noi cittadini, potremmo sentirci interpellati a giorni alterni sulle questioni più diverse.
In realtà dietro a questa ipotesi di lavoro c’è uno scaricare la responsabilità di governo sul popolo. Di fronte a questioni estremamente complesse e tecnicamente controverse saremmo chiamati ad esprimerci con un Sì o con un No e magari anche sentirci gratificati perché è il “Popolo sovrano che decide”. Ma sulla base di cosa? Di quali conoscenze?
Abbiamo visto cosa è accaduto in Gran Bretagna per aver voluto affidare agli elettori una decisione così delicata come il restare o meno nell’Unione europea. La complessità non si può risolvere con un Sì o con un No in una scheda elettorale, scaricando la responsabilità della decisione sui cittadini. Per questo motivo è auspicabile che il Governo e il Parlamento trovino il coraggio e la dignità di giungere a una decisione in rappresentanza del popolo italiano. Il modo migliore per mostrarne rispetto e per assumersi le responsabilità per le quali i nostri politici sono stati eletti.

(*) direttore “La Voce dei Berici” (Vicenza)

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