La vocazione del settimanale

È un’antenna chiamata a recepire tutto ciò che avviene e a discuterlo con partecipazione e passione, cercando di conoscere la realtà, analizzata alla luce del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa, per trarne orientamenti costruttivi

A cento anni dalla fondazione de “Il Momento”, che ora fa riferimento alla diocesi di Forlì-Bertinoro, occorre chiedersi che fisionomia e quali
funzioni debba svolgere oggi. Non può svolgere la funzione di un quotidiano o del web. È certamente meno tempestivo: se notizie vi sono, hanno tempi e motivazioni diverse, visto che un settimanale diocesano entra in ambienti specifici, anche se non solo in essi. Sono notizie lette con una sensibilità ispirata alla “Tradizione cattolica”, come ricordava mons. Giuseppe Prati nel suo primo editoriale del 1919. La Tradizione ha qui una maiuscola per indicare la trasmissione della fede attraverso le Scritture e la vita stessa della Chiesa. In questo senso, deve avere una linea coerente quanto meno con il Magistero della Chiesa Universale e con quello della nostra Chiesa particolare, italiana e diocesana. Dunque esclude posizioni contraddittorie al Vangelo e al Magistero. Ciò non toglie una pluralità di visioni, per un sano
dibattito alla ricerca della migliore via della verità. Le notizie sono date, se si può dire così, in modo “ragionato”.
Sta qui la forza del settimanale, in quanto apre, o almeno dovrebbe farlo, ad un confronto e dibattito nella base dei lettori, che dovrebbe rimbalzare sulle pagine del settimanale stesso. Le lettere al direttore sono un primo spazio a ciò destinato. A questo confronto tutti sono invitati a partecipare, senza esclusioni.
La nostra Chiesa è strettamente connessa con il territorio. Non solo dialoga con esso, ma ne è parte, ci vive, ci si incarna, e le loro vicissitudini s’intrecciano. Nessuna notizia, nessun fatto, nessuna opinione le sono estranei. Il settimanale è un’antenna chiamata a recepire tutto ciò che avviene e a discuterlo con partecipazione e passione, cercando di conoscere la realtà, analizzata alla luce del Vangelo e dell’insegnamento della Chiesa, per trarne orientamenti costruttivi. Questo processo di discernimento è parte della missione evangelizzatrice, di testimonianza e assunzione di responsabilità della nostra Chiesa e insieme servizio alla società, alla gente che è, comunque, la nostra gente, al di là di posizioni o partecipazioni. Conoscere il nostro “dover essere” non significa però averne raggiunto la realizzazione, ma è avere chiaro il nostro scopo.

(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)

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