Guerra e memoria

Fare memoria di ciò che è stato, come ammoniva Primo Levi, non è solo archeologia bellica, e non è solo il giusto tributo di memoria per chi ha donato la vita, ma anche un invito oggi, ogni giorno, a lavorare per la pace, disinnescare la violenza, tutte le violenze

Da qualche giorno mi girano in testa le parole di un fossanese che, intervistato per un servizio del nostro giornale in occasione del 25 aprile, parlando del monumento ai caduti della nostra città, con quel lungo elenco di nomi scritti sulla pietra, molti cancellati dal tempo, molti dalla scarsa capacità di memoria, ad un certo punto fa una domanda: “Se scoppiasse una guerra oggi, cosa ne sarebbe di tutti noi?”. Ci sarebbe ancora un monumento ai caduti, o meglio, ci sarebbero dei sopravvissuti per poter realizzare un monumento in ricordo di chi ha perso la vita? Quando si parla di guerra, di memoria, di Liberazione, si è sempre a rischio “retorica”. Ma quella domanda è tutt’altro che retorica… tutt’altro che astratta. È reale. E anche urgente, anche se preferiamo non pensarci più di tanto. Pochi giorni fa l’attacco in Siria ha riacceso i riflettori su quel Paese martoriato e in tanti hanno pensato che fosse scoppiata una guerra, mentre in realtà la guerra va avanti da anni senza che il mondo se ne occupi più di tanto.

Due giorni più tardi l’attenzione si era già spostata su altre notizie. Siamo ormai assuefatti a tutto, anche alla guerra. Ci emozioniamo, ci preoccupiamo, ci indigniamo e poi… voltiamo pagina. Anche le bandiere della pace che qualche anno fa si vedevano sventolare dai balconi delle case ora sembrano un vecchio ricordo. Come se non ci fosse più bisogno di pace. Come se… “pensiamo ad altro, che è meglio!”. Rischioso. Rischioso pensare che la guerra è lontana e non ci tocca. Pensare che se la “giocano” in casa loro e noi possiamo stare tranquilli nelle nostre case. Rischioso pensare che la guerra è solo quella roba là e non anche le piccole azioni di guerra, la cultura strisciante della guerra, quella che reputa inutili il dialogo e il confronto e come unica soluzione lo scontro. Fare memoria di ciò che è stato, come ammoniva Primo Levi, non è solo archeologia bellica, e non è solo il giusto tributo di memoria per chi ha donato la vita, ma anche un invito oggi, ogni giorno, a lavorare per la pace, disinnescare la violenza, tutte le violenze. Riprendiamo l’invito pubblicato la settimana scorsa a fare una passeggiata della memoria in occasione del 25 aprile. A Fossano, come in ogni comune del nostro territorio e come in tante città del nostro Paese ci sono monumenti che ricordano i caduti, lapidi, cippi. Sono pietre che parlano, perché hanno incisi dei nomi e cognomi. Rileggerli è un buon promemoria. Rileggerli è un buon esercizio per leggere la storia e il presente. E imparare.

(*) direttore “La Fedeltà” (Fossano)

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