Un docufilm racconta la vita nella Casa della Solidarietà di Bressanone

Nella struttura hanno trovato riparo una cinquantina di persone che vivevano ai margini della società

C’è l’Europa, il vecchio continente con la sua storia e le sue tradizioni. C’è l’Africa, attraversata da guerre e impegnata ogni giorno nella battaglia per la sopravvivenza. Guardando a Oriente troviamo l’Asia, la terra che abbiamo imparato a conoscere grazie ai viaggi lungo la via delle spezie. C’è l’America, scoperta da Cristoforo Colombo e l’Australia che abbiamo conosciuto dopo che sulle sue coste approdò, nel 1770, l’allora tenente di marina del Regno Unito James Cook.
E poi c’è il “sesto continente”. Così Hatem definisce la Casa della Solidarietà di Bressanone, in cui ha trovato accoglienza quando, a causa della crisi economica, aveva perso tutto. Casa e lavoro.

Una struttura unica nel suo genere. La storia della Casa della Solidarietà (CdS) è raccontata nel docufilm del regista bolzanino Andreas Pichler, presentato in prima assoluta martedì 30 gennaio a Bolzano. Con la sua telecamera, Pichler ha seguito e filmano per oltre un anno la vita all’interno della CdS. Una struttura unica nel suo genere. “Quando sono arrivato alla Casa della Solidarietà le prime impressioni sono state caos, colori, labirinto – racconta il regista -. Ma subito dopo ho incontrato facce amiche e ospitali che mi hanno fatto sentire a casa”. Con la sua cinepresa, Pichler racconta la quotidianità nella CdS, dove vivono una cinquantina di persone, provenienti da ogni parte del mondo, che hanno una cosa in comune: sono gli emarginati della nostra società, che li considera “problematici” e di cui farebbe volentieri a meno. Sono

persone senza fissa dimora, malati, persone con disturbi di dipendenza, disoccupati, perseguitati politici, persone uscite dal carcere e migranti.

A loro la CdS apre le proprie porte e li fa sentire “a casa”, almeno fino al momento in cui riescono a tornare a condurre una vita normale. “Nel film raccontiamo la storia solo di alcuni di loro – spiega Pichler -. Questo perché molti, spesso a causa delle difficoltà che hanno vissuto, non hanno voluto farsi riprendere. Insieme alla storia delle persone, raccontiamo anche la storia e la vita nella casa”.

Accoglienza, umiltà e responsabilità. “Il sesto continente” racconta la vita nella CdS a partire dalle storie di Erwin, l’ex alcolizzato pregiudicato, Sumi, che alla CdS ha trovato riparo dal suo ex fdanzato stalker, Ousman, rifugiato politico dall’Africa e Hatem, il cuoco, che dopo la crisi si è ritrovato improvvisamente per strada. Le loro vite si intrecciano con quelle di Kathi, Miriam, Alexander e Karl, che si occupano dell’amministrazione della casa. “Noi siamo chiamati a decidere chi avrà una stanza (in estate o inverno, è uguale) e chi invece dovrà tornare sulla strada – commenta Alexander Nitz – ma chi siamo noi per decidere questo?”. È da questa riflessione che i quattro partono ogni qual volta arriva una richiesta di ospitalità. “Credo che dobbiamo tenere a mente che la vita di ciascuno può cambiare nel giro di poco tempo. Anche di persone dotate di qualità – commenta Karl Leiter –. Ecco che allora cresce il rispetto e il pudore verso l’altro”.
L’accoglienza è il principio che sta alla base del progetto della CdS. Un’accoglienza che è anche responsabilizzazione e scuola di convivenza. “Agli ospiti della CdS chiediamo di collaborare volontariamente a tenere pulite e ordinate le parti comuni della casa – aggiunge Nitz – secondo un calendario settimanale. Anche la preparazione dei pasti viene fatta a rotazione tra gli ospiti della casa”.

Solidarietà attiva, non semplice assistenzialismo. Il film di Pichler mostra come la solidarietà nella CdS non sia vissuta come semplice assistenzialismo.

Gli ospiti vengono incoraggiati a rialzarsi, a trovare un’occupazione, a riprendere in mano la loro vita e a ripartire. Devono essere loro a farlo, confrontandosi anche con il rifiuto che nasce dai pregiudizi.

Come accade a Hatem, che cerca un posto come cuoco e non di rado il suo interlocutore dall’altro capo del telefono appena si accorge che il suo accento è straniero, interrompe bruscamente la telefonata. Non mancano i momenti di scoraggiamento. “Non so come andare avanti così – racconta Hatem nel film –. Non dormo la notte perché i problemi non mi fanno dormire”. Rifiuto dopo rifiuto, alla fine Hatem riesce a trovare lavoro in un hotel tre stelle e riesce a far arrivare in Italia anche il resto della sua famiglia.

Una casa “autonoma”. Quello che, fin dalla nascita, contraddistingue la CdS da altri progetti di accoglienza è che si tratta di una struttura che non si finanzia con contributi pubblici, ma va avanti grazie a donazioni, a iniziative e progetti promossi sul territorio. Come ad esempio quello della raccolta – a fine giornata – del cibo che panifici e negozi di generi alimentari non possono più vendere il giorno successivo e che, seppur ancora in ottimo stato, sarebbero destinati alla pattumiera. E a raccogliere queste “briciole” sono gli ospiti stessi della casa.

Una casa che affronta il cambiamento. Il docufilm di Andreas Pichler racconta un momento particolare della storia della CdS. La struttura messa a disposizione dai missionari comboniani era destinata ad essere demolita per lasciare spazio a nuovi appartamenti e così, sul finire del 2015, dopo una decina d’anni di ricerche, la CdS si è trasferita in quella che oggi è la sua nuova sede. Questo non ha mancato di creare spaesamento tra i suoi ospiti, che proprio della casa avevano fatto un punto fisso della loro vita. “Abbiamo volutamente fatto molte riprese nella vecchia sede – commenta Pichler -. Certo oggi la struttura che ospita dal CdS offre una qualità di vita maggiore, ma quella vecchia casa rappresentava la storia della CdS”.

Una storia che rivive nel grande falò notturno, attorno al quale gli ospiti e i collaboratori della casa si riuniscono per condividere i ricordi personali legati alla CdS.

Una storia che continua attraverso le immagini in slow motion della festa di inaugurazione della nuova sede. “Questo film – conclude Nitz – racconta i lati positivi, così come quelli negativi della CdS. Non è un film promozionale. Racconta la quotidianità nella casa in un momento particolarmente difficile come quello del trasloco nella nuova sede. Alti e bassi, gioie e dolori. Momenti che fanno parte della vita reale di tutti”.

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