Il fisco e la morale

Pagare le tasse non piace: sembra un taglieggiamento sul guadagno del proprio lavoro. Non sempre ci si ricorda che è uno strumento di giustizia, di solidarietà e di redistribuzione del reddito. Dal fisco vengono le risorse per i pubblici servizi della scuola, delle strutture sanitarie, della sicurezza; insomma, dell’intero Stato Sociale di cui tutti possiamo godere

Pagare le tasse è sempre stato odioso fin da tempi evangelici: coloro che riscuotevano le gabelle, i pubblicani, erano considerati pubblici peccatori come le prostitute. Gesù dirà che nel Regno dei cieli, una volta convertiti, passeranno davanti a scribi e farisei.
La conversione poteva essere come quella di Zaccheo o dello stesso Matteo, che diventò apostolo ed evangelista. Nell’antica Roma il pubblicano era un dipendente dell’Impero Romano. Il termine “pubblicano” deriva dal latino publicānus, dalla radice publĭcum, che significa: tesoro pubblico, imposte. Al tempo di Gesù erano ebrei che approfittavano della loro funzione per un personale vantaggio: aggiungevano, al dovuto all’impero, ciò che spettava loro ma a discrezione di ciascuno e, perciò, dichiarati pubblici peccatori. Tommaso Padoa Schioppa, ministro dell’Economia e Finanze nel secondo governo Prodi, fece l’errore di definire le tasse “belle”.

Pagare le tasse non piace: sembra un taglieggiamento sul guadagno del proprio lavoro. Non sempre ci si ricorda che è uno strumento di giustizia, di solidarietà e di redistribuzione del reddito. Dal fisco vengono le risorse per i pubblici servizi della scuola, delle strutture sanitarie, della sicurezza; insomma, dell’intero Stato Sociale di cui tutti possiamo godere. Qualche responsabilità l’hanno anche le disquisizioni di alcuni teologi moralisti che, in passato, parlavano delle leggi sul fisco come “mere poenales”. Cioè leggi che, pur non essendo ingiuste, non obbligavano in coscienza alla prestazione richiesta, anche se obbligavano poi alla soggezione alla pena una volta “scoperti”. Si dimenticava che il fisco è finalizzato al bene comune e quindi, come tale, tutti sono tenuti a obbedire. Volere il bene comune significa amare il prossimo.

È vero che il fisco in Italia è esoso; oltre al mantenimento dello Stato Sociale serve anche a pagare il frutto del grande debito pubblico, fatto in precedenza forse con politiche miopi, a cominciare dalla metà degli anni ’80. Se si evade il fisco vengono a mancare le risorse necessarie. Nel 2014 l’evasione è stata di 111,7 miliardi. Qualche presidente del consiglio considerò, circa 13 anni fa, l’evadere il fisco per il 50% un diritto naturale. Non ci sono parole. Se tutti pagassero, tutti pagherebbero meno e con servizi efficienti. Non è un “mere poenales” ma una responsabilità morale. Anche se pagare le tasse, per quanto segno di solidarietà, con buona pace di Padoa Schioppa, non è bello.

(*) direttore “Il Momento” (Forlì-Bertinoro)

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