La prolunga che uccide

Causa prima degli incidenti mortali è lo smarthphone, la nostra prolunga. Molto più che un accessorio: la nostra estensione, il completamento del nostro vivere. Viviamo connessi. E rischiamo anche di morirci

I numeri salgono ed è un pessimo segnale. Più incidenti mortali, il dato più alto dal 2001 ad oggi. La causa prima? Lo smarthphone: la nostra prolunga. Molto più che un accessorio: la nostra estensione, il completamento del nostro vivere. Da mattina a sera, notte compresa se lo usiamo come sveglia, il cellulare è la nostra terza mano: sempre con noi. È il nostro terzo occhio: sempre spalancato sul mondo. O meglio su facebook, youtube, sull’ultima ora. Viviamo connessi. E rischiamo anche di morirci.
Fa male dirlo così, ma questo confermano i numeri degli incidenti stradali e di quelli mortali in particolare: drasticamente saliti. Dall’inizio dell’anno, si contano 800 morti su strada. Nel dettaglio: dal 1° gennaio al 16 luglio gli incidenti stradali sono stati poco meno di 40 mila (39.049) e sembra un dato buono se rapportato a quello dello stesso periodo del 2016, quando ce ne furono il 3,5% in più (40.466). Un miglioramento che si lega alle minori infrazioni per eccesso di velocità, diminuite del 10,5%. Ma è pur altrettanto vero che l’uso cellulare alla guida registra un +15,1%. E gli incidenti sono figli degli occhi sul telefonino.
La distrazione uccide: è bene ricordarlo in questo e nel prossimo week end di grande esodo, definiti da bollino nero. Non aggiungiamo al traffico, il nero dei lutti e delle morti. Ricordiamo che, da gennaio a giugno, gli incidenti mortali sono saliti del 7,4%. Ricordiamo le 800 vittime del 2017 (erano 745 nel 2016).
Siamo tutti più o meno colpevoli. Dal cellulare facciamo fatica a staccarci: se suona per una telefonata, se uno squillo ci avvisa di un sms o dell’ennesimo messaggio wapp. Contatti che si moltiplicano a dismisura se apparteniamo a qualche gruppo. Lo sanno bene le mamme per la classe dei figli. Gli uomini per la squadra di calcetto. C’è sempre un gruppo che ci lega e che ci aggiorna di continuo.
La soluzione si chiama auricolare. Le forze dell’ordine ne lamentano però lo scarso uso. Come se fosse roba da pirla. Invece è da intelligenti che “preferiscono vivere”. L’auricolare non è una obbedienza, una penitenza che si sopporta per evitare una multa: è un salvavita. Se non lo abbiamo, possiamo non rispondere immediatamente. Anche se pare che l’unica scortesia di cui non siamo proprio capaci sia quella di una pronta replica, verbale o addirittura scritta, anche quando siamo alla guida.
È lo stesso principio dei limiti: a chi capita di venire sorpassato perché rispetta i 50 all’ora? Insofferenti alle regole. Anche a rischio di noi stessi. É un salto culturale quello che ci vuole.
È stata l’allarmante crescita delle vittime a far muovere il Viminale. E venerdì 21 luglio ha diramato una circolare con nuove regole su autovelox e cartelli che ne segnalano la presenza. E che intensifica i controlli per i seggiolini dei bambini, le cinture, i cellulari, la guida in stato di ebbrezza e sotto l’influenza di sostanze.
Non siamo in regola neanche con le direttive dell’Unione europea. L’obiettivo è ardito: riduzione del 50% delle vittime della strada entro il 2020. Le statistiche di casa ci dicono quanto ne siamo lontani.
Allora chi parte – ma pure chi resta – fa bene a ricordare che di distrazione si muore. Gli occhi vanno sulla strada e non sullo smartphone ad inseguire l’ultimo wapp, ad occhieggiare la mail, o a guardare sul display il percorso da seguire. Ricordando che l’unico non indicato è quello che porta all’al di là.

(*) direttrice “Il Popolo” (Concordia-Pordenone)

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