Liberté?

Giovedì l’Assemblea nazionale francese ha istituito il “reato di ostacolo digitale” all’aborto. Di fronte alla violazione della libertà di pensiero, però, non si può stare in silenzio

Dove va la Francia? Vuol smantellare il suo celeberrimo motto Liberté, Egalité, Fraternité sul quale si basa l’orgoglio nazionale della Repubblica d’Oltralpe?
Giovedì l’Assemblea nazionale francese ha infatti istituito il “reato di ostacolo digitale” all’aborto. “Una grave negazione della libertà travestita nel suo contrario”, così definisce il provvedimento Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, in un duro editoriale apparso ieri sul suo quotidiano. A seguito di tale scelta infatti, sarà possibile “punire con due anni di carcere e sino a 30mila euro di multa chi s’impegna per la vita e contro l’aborto usando anche i canali della comunicazione digitale”.
“Saremmo felici – conclude Tarquinio – di scoprire di non essere quasi soli nel concerto delle voci dei maggiori giornali nel segnalare la seria ferita alla libertà di pensiero e di coscienza, oltre che al puro senso di umanità, che è stata inferta in Francia”. Noi ci associamo con convinzione perché di fronte alla violazione della libertà di pensiero non si può stare in silenzio.
L’aborto in Francia è stato legalizzato nel 1975 ed è gratuito dal 1982. Nel 1993 la legge ha introdotto il delitto di “ostacolo all’Ivg” e il 4 luglio 2001 ha trasformato l’aborto in diritto, estendendo il concetto di ostacolo all’Ivg anche alle “pressioni morali e psicologiche”. Con la legge del 4 agosto 2014 sono state sanzionate pure le azioni che mirano a ostacolare l’accesso alle informazioni nelle strutture che praticano l’Ivg. Giovedì un ulteriore passo avanti. La legge “instaura un’autentica censura governativa”, ha replicato l’opposizione neogollista, promettendo d’impugnare il testo davanti al Consiglio costituzionale. Anche molte associazioni francesi impegnate in campo bioetico denunciano una legge che viola gravemente la libertà d’espressione.
In novembre il presidente dei vescovi francesi, monsignor Pontier, aveva inviato una lettera al presidente della Repubblica Hollande. “L’interruzione volontaria di gravidanza – scriveva – rimane un atto pesante e grave che interroga profondamente la coscienza. In situazioni difficili sono numerose le donne che non sanno se portare a termine o meno la gravidanza e avvertono il bisogno di parlarne con qualcuno, di cercare un consiglio”. I siti Internet – ora incriminati – “compensano l’assenza di luoghi di ascolto” e “il loro successo prova che essi rispondono a un’attesa”. Ora sono zittiti!
Ma perché si vuol rendere sempre più difficile la nascita dei bimbi, in un mondo che ne ha estremo bisogno? Sono in realtà il più grande dono per un padre e una madre e per un Paese. Dove va la nostra civiltà?

(*) direttore “Il Nuovo Torrazzo” (Crema)

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