Napoli “primeggia” per omicidi e rapine, ma sono poche le violenze sulle donne

L'indagine mostra che il tasso di delittuosità medio dell'area metropolitana di Napoli, con 4.426 delitti ogni 100mila abitanti, risulta al di sotto della media di altre metropoli italiane. Ma è presto per cantar vittoria, perché ci sono reati poco diffusi, come la violenza sessuale sulle donne, ma in altri Napoli primeggia, ad esempio nei reati predatori e di criminalità violenta

Quali sono le città più insicure in Italia? Non saranno pochi a inserire Napoli in una classifica così poco lusinghiera. Eppure, il tasso di delittuosità medio dell’area metropolitana di Napoli, con 4.426 delitti ogni 100mila abitanti, risulta al di sotto della media: inferiore alle metropoli di Milano, Bologna, Torino, i cui valori sono rispettivamente di 9.118; 7.411; 7.044. Ci sono reati poco diffusi, come la violenza sessuale sulle donne: all’ultimo posto tra le città metropolitane. Milano, Bologna, Firenze, Torino esibiscono valori più elevati, pari rispettivamente a 22,4; 19,6; 16,4 e 13,6, mentre la città metropolitana di Napoli, con un tasso di vittimizzazione pari a 6,4, può ritenersi la metropoli in cui questo tipo di reato è meno frequente. Ma è presto per cantar vittoria.

Napoli primeggia, ad esempio, nei reati predatori e di criminalità violenta.

Di tutto questo parla il primo Rapporto sulla criminalità e la sicurezza a Napoli, curato da Giacomo Di Gennaro, professore di Sociologia generale all’Università Federico II di Napoli – Dipartimento di Scienze politiche, e Riccardo Marselli, dell’Università Parthenope, presentato nei giorni scorsi a Napoli. L’indagine riguarda l’arco temporale compreso tra il 2004 e il 2013.

Trovare risposte. “Il Rapporto – spiega Di Gennaro – è frutto di un lavoro multidisciplinare” e prova ad andare “oltre la dinamica quantitativa e qualitativa dei fenomeni connessi al crimine, per

intrecciare risposte alle questioni inerenti alla prevenzione, al contrasto, alla riabilitazione sociale delle situazioni di devianza e di criminalità

e affrontando le criticità che riguardano la programmazione e l’integrazione dei servizi sociali del territorio, gli interventi del privato sociale, gli esiti della giustizia penale, le politiche di deterrenza”.

Luci e ombre. Analizzando i tassi della metropoli napoletana e comparandoli con quelli delle altre aree metropolitane emerge che per molti reati (furti in abitazione; furti nei negozi; borseggi; delitti contro la persona, lesioni dolose, reati non convenzionali – tipo clonazione carte bancarie, phishing, frodi su internet…) Napoli e la sua provincia si posizionano sempre nelle ultime posizioni del ranking. Anche se alcuni delitti sono aumentati nell’intero periodo considerato (per esempio, le lesioni dolose +88%), il saggio positivo non muta la sostanziale collocazione nella graduatoria che resta sempre molto al di sotto della media e per molti reati nei livelli marginali della scala. Ma le rapine a Napoli, in stragrande maggioranza consumate in pubblica via, fanno registrare un tasso medio (su 100mila abitanti) pari a 326 (più del doppio della media calcolata su tutte le città metropolitane, pari a 145). Il più alto in assoluto tra le città metropolitane: più del doppio del tasso medio milanese pari a 158. Diminuiscono i furti di autovetture (-40%), mentre primeggiano gli scippi (118 ogni 100mila abitanti, anche se il trend è in flessione -43%).

Questione minorile. C’è un altro dato preoccupante: “L’area metropolitana partenopea fa rilevare il più alto tasso di delittuosità minorile della regione (895 minorenni denunciati su 100mila giovani residenti tra i 14 e i 17 anni) e l’indice di criminalità violenta minorile è fortemente condizionato dal peso delle rapine. Inoltre, a conferma dell’esistenza di una questione minorile nell’area, il dato – pari al 57% di minori denunciati tra il 2004 e il 2013 per art. 416 e 416 bis in Campania – è marcatamente influenzato dal dato napoletano. Così come l’incremento del 214% degli omicidi e tentati omicidi nello stesso periodo risente del peso del valore metropolitano partenopeo. Reati gravi che indicano il rischio che lo stile di vita deviante si trasformi in una carriera criminale”.

Il peso della camorra. Nell’indagine è stato costruito anche “un indice di criminalità violenta su 100mila residenti sulla base di particolari fattispecie di reato quali attentati, stragi, omicidi volontari consumati, infanticidi, tentati omicidi, omicidio preterintenzionale, lesioni dolose, rapine, violenze sessuali e sequestri di persona”. E “in base a tale indice

la città metropolitana di Napoli primeggia sulle altre, seguita da Milano, Torino e Bari”.

Un dato sicuramente influenzato dagli omicidi di camorra. Basti pensare alla faida di Scampia del 2004 tra diversi clan e quella successiva, nel 2005 e 2006 che vide la faida spostarsi nel Rione Sanità: dal 2004 al 2006 si registrarono 209 omicidi di camorra su 319 totali, pari al 65,5%.

Combattere le estorsioni. Il Rapporto contiene anche un focus sull’attività estorsiva che svolge, spiega l’indagine, un importante ruolo nell’“attività economica e criminale”. Per Di Gennaro,

“l’attività estorsiva va combattuta perché offre il profilo criminale di tipo mafioso a un gruppo criminale consentendone l’insediamento nel territorio.

L’estorsione è strategica perché propedeutica all’implementazione nel tempo di altre e più lucrose attività illegali (spaccio di droga, usura, gioco d’azzardo, penetrazione nelle amministrazioni pubbliche per intercettare risorse pubbliche, corruzione, contraffazione). Anche se i rendimenti economici comparati con altre attività criminali sono più limitati, l’estorsione è strategica perché a tempi medio-lunghi consente addirittura l’estromissione (combinata con l’usura) delle vittime dal controllo dell’attività economica e l’entrata nel mercato legale”. Il docente suggerisce di “basare la politica di deterrenza sulla costruzione di target strategici che prioritariamente siano orientati (sul piano investigativo e poi sanzionatorio) a colpire quei reati e quelle attività illegali dal cui sviluppo e dalla cui espansione si originano ulteriori reati e attività criminali”. Insomma, “si può generare un effetto positivo generalizzato su una più ampia gamma di attività e comportamenti criminali se a monte si recide l’attività estorsiva”.

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