Acqua: Oxfam, nel mondo 1 persona su 4 nel mondo non ha accesso all’acqua pulita, 1 su 3 ai servizi igienico sanitari

Nel mondo oltre 1 persona su 4 non ha accesso fonti d’acqua sicure – sono più di 2 miliardi di persone – mentre più di 1 su 3 sopravvive senza servizi igienico sanitari di base. Una crescente emergenza globale che causa ogni anno la morte di oltre 840mila persone costrette a bere e lavarsi con acqua sporca o contaminata. Tra le vittime ci sono 1.000 bambini al giorno sotto i cinque anni. Lo ricorda oggi Oxfam, in un nuovo report diffuso in occasione del lancio della campagna di raccolta fondi “Acqua che salva la vita”. Sono i bambini, assieme alle loro madri e sorelle, i primi a essere colpiti da malattie e epidemie, soprattutto se costretti a sopravvivere in Paesi messi in ginocchio da conflitti e carestie, colpiti da siccità sempre più prolungate per via dei cambiamenti climatici o da catastrofi naturali, imprevedibili e distruttive. “L’obiettivo della nostra campagna è semplice, ma cruciale, per il presente e futuro prossimo di tantissimi – ha detto Sabina Siniscalchi, presidente di Oxfam Italia –. Vogliamo garantire a sempre più persone, colpite da crisi umanitarie, l’accesso all’acqua pulita e a servizi igienico-sanitari di base. Soprattutto a quei bambini e donne che soffrono più di tutti gli altri. In contesti di guerra e povertà estrema sono le madri per prime a dover provvedere al fabbisogno di acqua pulita per la propria famiglia. Basti pensare che in Africa sub-sahariana le ore impiegate dalle donne per la raccolta dell’acqua in 12 mesi sono equivalenti a un anno di attività dell’intera forza lavoro francese. Tempo prezioso, sottratto all’istruzione, al lavoro retribuito e a opportunità di formazione, ottenendo un seppur piccolo miglioramento delle proprie condizioni. A loro, prima di tutto, vogliamo continuare a offrire aiuto concreto”. Con la Campagna di raccolta fondi Oxfam intende raggiungere oltre 160mila persone allo stremo, portando acqua potabile e servizi igienico sanitari alle comunità più vulnerabili in Siria, nei governatorati di Rural Damasco e Dar’a dove metà della popolazione è sfollata; in Sudan nei campi profughi di Sartony e Kebkabiya nel Nord Darfur e in Sri Lanka nelle province rurali più povere della parte centrale del Paese.

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