Sinodo per l’Amazzonia: “rispettare i diritti dei popoli indigeni”, “la Chiesa se ne assuma la responsabilità”

“Rispettare i diritti dei popoli indigeni garantiti dalla Costituzione”. A lanciare l’appello sono stati mons. Roque Paloschi, arcivescovo di Porto Velho, e Felicio de Araujo Pontes Junior, procuratore della Repubblica, specialista in diritti dei popoli indigeni, entrambi del Brasile, durante il briefing odierno sul Sinodo per l’Amazzonia. “La Costituzione del 1988 – ha spiegato Paloschi – prevedeva che entro il 1993 tutte le terre dei popoli originari dovessero essere demarcate, omologate e registrate, mentre ne sono state demarcate nemmeno un terzo, e quelle che non sono state demarcate sono state invase, prese di mira dai cercatori d’oro, dalle industrie minerarie, dalle industrie del petrolio e da quelle dello sfruttamento del legname. L’organo di governo che dovrebbe vigilare è stato preso di mira e indebolito dallo stesso governo, ma noi abbiamo i nostri diritti e la nostra lotta da portare avanti dal nostro supremo tribunale”. “Bisogna scegliere tra due modelli”, ha spiegato il procuratore della Repubblica: “il modello predatorio, tipico delle multinazionali, e quello socio-ambientale, che rispetta il rapporto delle popolazioni indigene con la propria terra. Ogni quindici giorni viene scoperta una nuova specie nella foresta amazzonica, e le monoculture distruggono tutta la biogenetica presente. È un crimine di cui sono vittima gli indigeni, che sono i gendarmi della foresta. Bisogna dimostrare che, anche dal punto di vista economico, vale la pena tenere la foresta in piedi, passando da una società colonialista ad una società pluralista”. “La Chiesa si assuma, come istituzione, la responsabilità della difesa dell’Amazzonia”, l’appello lanciato da Patricia Gualinga, leader indigena nella difesa dei diritti umani delle comunità Kichwa di Sarayaku, in Ecuador.

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