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Incontro Bari: card. Sandri, “preghiera e profezia sono le armi della Chiesa”. Ricordo dei vescovi rapiti e di padre Dall’Oglio

foto SIR/Marco Calvarese

“La preghiera e la profezia sono le armi della Chiesa. La preghiera sarà il tema portante dell’incontro perché il destino dei popoli, la pace nel mondo e il futuro della Chiesa in Medio Oriente è nelle mani di Dio. La preghiera ecumenica ha un grande valore per i nostri cristiani che hanno sofferto e che soffrono ancora oggi la guerra e la persecuzione”. Per questo saranno ricordati tutti coloro – fedeli, sacerdoti e vescovi – che sono morti in questi anni di guerra, rapiti e scomparsi come “mons. Faraj Rahho, arcivescovo caldeo di Mosul, i due vescovi di Aleppo, il siro-ortodosso Mar Gregorios Yohanna Ibrahim e il greco ortodosso Paul Yazigi, il padre gesuita Paolo Dall’Oglio”. Così il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il card. Leonardo Sandri, spiega al Sir il senso dell’incontro ecumenico convocato per il 7 luglio a Bari da Papa Francesco insieme ai Capi di Chiese e Comunità cristiane del Medio Oriente. L’incontro, dichiara il prefetto, sarà occasione per ricordare le tribolazioni dei cristiani, ma non solo loro, del Medio Oriente: “La più grande è quella di essere colpiti nella loro dignità di persona umana, privati di tutto, di casa, di affetti, sottoposti all’insicurezza, attaccati dall’odio e dalla divisione fino a pensare di partire per cercare in altri lidi un futuro di speranza. Una tribolazione non solo fisica che ha toccato tutti, anche i musulmani. Con il gesto di Bari il Papa vuole esprimere a questi fratelli la vicinanza, l’amore e la condivisione della sofferenza e rispondere così all’indifferenza verso chi è scartato, perseguitato e messo da parte”. Bari avrà anche da dire alla comunità internazionale e, in particolare, a “coloro che hanno la vera responsabilità della pace nel mondo affinché prendano decisioni che non guardino a interessi nazionali e particolari ma a quelli della persona umana fatta a immagine e somiglianza di Dio”. Da qui l’invito a essere aperti a coloro che, a causa delle guerre e delle persecuzioni, sono costretti a cercare “lidi più sicuri”. “Dobbiamo essere sempre aperti e capaci di pensare che ogni cosa che abbiamo fatto a questi fratelli in difficoltà lo abbiamo fatto a Gesù. Mai dire basta. È responsabilità di chi governa trovare le giuste formule. Apertura e accoglienza – coniugate con la prudenza e il desiderio di integrare veramente queste persone secondo le possibilità dei luoghi di arrivo – si realizzano attraverso l’adozione di misure ragionevoli per tutti”.

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