Quaresima: p. Cantalamessa, oggi in atto “rivoluzione contro Dio”, serve “purezza” contro “idolatria del sesso” che distrugge famiglie

”Il frutto dello Spirito “è la purezza”. È partito da questo concetto padre Raniero Cantalamessa nella quinta e ultima predica di Quaresima nella Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, alla presenza di Papa Francesco e della Curia Romana. Il predicatore della Casa Pontificia – riferisce Vatican News – ha concluso così la riflessione, sul tema “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo (Rm 13,14). La santità cristiana nella parenesi paolina”, soffermandosi sulla “dissolutezza sessuale” messa in rilievo da San Paolo e alla quale l’Apostolo contrappone “l’arma della luce che è la purezza”, rivestendosi “del Signore Gesù Cristo”.
“Non è lecito – dice San Paolo – darsi all’impudicizia (porneia), non è lecito vendersi: perché pernemi in greco vuol dire ‘mi vendo’. E usando questa parola per quasi tutte le espressioni di dissolutezza morale la Parola di Dio viene a dire che, in ogni dissolutezza, non solo nella prostituzione vera e propria, c’è un aspetto venale, un vendersi. Porneia, da cui deriva il termine pornografia, in origine significa ‘mi vendo’, se non è sempre per denaro può essere per piacere fine a se stesso. Dunque non è lecito darsi all’impudicizia o disporre a proprio piacimento del corpo per il semplice motivo che noi non ci apparteniamo più, non siamo nostri ma di Cristo”. La purezza cristiana, quindi, non consiste tanto nello stabilire “il dominio della ragione sugli istinti” quanto “il dominio di Cristo su tutta la persona, ragione e istinti”: non si basa sul “disprezzo del corpo”, ma “sulla stima grande della sua dignità”, ha spiegato Cantalamessa, precisando che la purezza “è uno stile di vita”, più che una singola virtù, e ha una “gamma di manifestazioni” che va al di là della sfera “propriamente sessuale”.
C’è una purezza del corpo, una del cuore, una della bocca e una degli occhi e dello sguardo, ha proseguito Cantalamessa: “Il fine unico di purezza e di carità del prossimo è di poter condurre una vita ‘piena di decoro’, dice la Bibbia, cioè integra in tutte le sue relazioni, sia in relazione a Dio, a se stessi e agli altri. Paolo chiama tutto questo ‘comportarsi onestamente come in pieno giorno’, nella luce”. La società contemporanea, ha osservato il religioso, “in fatto di costumi è ripiombata in pieno paganesimo e in piena idolatria del sesso”: si tenta di giustificare, cioè, “ogni licenza morale e ogni perversione sessuale, purché – si dice – essa non faccia violenza agli altri e non leda la libertà altrui”. In questo modo, “si distruggono famiglie con una leggerezza estrema e si dice: ‘Ma che male c’è? Io ho diritto di perseguire la mia felicità’”. “È indubbio che certi giudizi della morale sessuale tradizionale andassero rivisti e che le moderne scienze dell’uomo abbiano contribuito a fare luce su certi meccanismi e condizionamenti della psiche umana che tolgono o riducono la responsabilità morale di certi comportamenti che un tempo erano considerati subito peccati, addirittura mortali, perché si diceva che in questo campo non esiste parvità di materia”, ha ammesso Cantalamessa: “Ma questo progresso non ha nulla a che vedere con il pansessualismo di certe teorie permissiviste che tende a negare ogni norma oggettiva in fatto di morale sessuale, riducendo tutto a un fatto di evoluzione spontanea dei costumi, cioè a un fatto di cultura”.
Se si esamina quella che viene chiamata “la rivoluzione sessuale dei nostri giorni”, ha sottolineato il predicatore, ci accorgiamo “con orrore che essa non è semplicemente una rivoluzione contro il passato, ma è, spesso, anche una rivoluzione contro Dio e talvolta contro la natura umana”: la “sessualità non è più pacifica”, è diventata una “forza ambigua e minacciosa” che trascina “contro la legge di Dio, a dispetto della nostra stessa volontà”. Le cronache quotidiane di scandali, “anche tra il clero e le persone consacrate”, ricordano questa “triste realtà”, ha commentato il frate. L’esortazione è allora a raccogliere la spinta dello Spirito Santo a testimoniare al mondo “l’innocenza originaria delle creature e delle cose”: per “rompere questa specie di narcosi e di ubriacatura di sesso”, ha concluso, occorre “ridestare nell’uomo la nostalgia di innocenza e di semplicità che egli porta struggente nel suo cuore”.

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