Embraco: stop alla ratifica dell’accordo contro i licenziamenti. Tutto rimandato al 27 marzo

Stop improvviso ieri sera per la trattativa di Embraco. La riunione fra organizzazioni dei lavoratori e azienda doveva, presso l’Assessorato al Lavoro della Regione Piemonte, ratificare l’accordo raggiunto il 2 marzo scorso: blocco dei 497 licenziamenti fino alla fine del 2018 in attesa dei risultati del lavoro di Invitalia per trovare nuove imprese che si dedichino alla reindustrializzazione dell’area assorbendo tutti gli occupati. Tutto però si è fermato quando Embraco, stando alle dichiarazioni dei sindacati al termine dell’incontro, ha chiesto di inserire nel verbale d’intesa il ricorso a incentivi all’esodo volontario. Quanti e quali incentivi, hanno obiettato le organizzazioni sindacali, è però cosa che deve essere discussa con i lavoratori. Per questo le organizzazioni hanno rifiutato di firmare il testo proposto dai rappresentanti dell’azienda del gruppo Whirlpool. Sul tavolo, comunque, sono state presentate due proposte sugli strumenti da usare per alleviare l’impatto causato dalla perdita dei posti e soprattutto sugli incentivi all’uscita. Quella di Embraco prevedrebbe 14 mensilità più 6mila euro per chi se ne va nel prossimo mese; quella dei sindacati 50mila euro più mille per ciascun anno di anzianità maturato.
Il vero timore dei lavoratori però è un altro. Ad oggi, le aziende che hanno presentato manifestazioni di interesse per la reindustrializzazione dell’area, non prevedono la piena occupazione di tutti e 497 i lavoratori.
Rimane poi la necessità di chiudere la trattativa entro fine mese. Per questo le parti si rivedranno il 27 marzo prima in Regione e poi presso l’Unione Industriale.
La Embraco produce compressori per frigoriferi nello stabilimento di Riva di Chieri (Torino) ed è dall’ottobre scorso in crisi per la decisione di spostare la produzione in altre aree, decisione che ha provocato la scelta di licenziare 497 persone su 500 circa. Contro questa prospettiva si sono mobilitate le Istituzioni locali, la Curia di Torino e il Governo.

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