Luigi Pedrazzi: il ricordo di Paolo Pombeni, grande testimonianza d’impegno in tutti i campi, nella logica del proporre senza imporre

“Ci lascia una grande testimonianza di che cosa voglia dire ‘impegno’ in tutti i campi. Impegno morale, religioso, civile. Era un uomo a 360 gradi, in un certo senso un’incarnazione dell’‘I care’ di don Milani”. Così Paolo Pombeni, politologo tra i più autorevoli e attualmente una delle personalità più rappresentative del gruppo de “Il Mulino”, ricorda Luigi Pedrazzi, scomparso ieri a Bologna. Pombeni racconta di averlo conosciuto nel lontano 1975 quando, finito il militare e avendo bisogno di integrare economicamente l’esigua borsa di studio presso l’Università di Bologna, si rivolse a lui per chiedergli di poter collaborare con “Il Foglio” (si chiamava proprio così), il quotidiano che Pedrazzi aveva fondato come alternativa a una direzione del “Resto del Carlino” che giudicava troppo reazionaria. Un’esperienza che durò pochi mesi e in cui Pedrazzi aveva investito i suoi soldi personali. “Ma era un uomo di una generosità infinita – osserva Pombeni – e nelle sue iniziative metteva tutto se stesso senza chiedere nulla in cambio”. Il racconto si snoda tra le tante esperienze di Pedrazzi, a cominciare dal rapporto strettissimo con Dossetti. “Era un uomo buono nel senso pieno del termine, non buonista – sottolinea Pombeni – e con il senso dell’impegno che aveva, sapeva sostenere le proprie posizioni con convinzione, ma senza la crudezza del radicalismo, perché era fermamente persuaso che si potesse parlare con tutti e con tutti si potesse avere un rapporto. Si può proporre senza imporre: questa era la sua cifra”.

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