Immigrazione: documento delle 10 Caritas della Lombardia. “Mettere in pratica nuove soluzioni, che non si costruiscono con i muri”

“Le Chiese e le Caritas lombarde pongono una domanda e un appello forte alle istituzioni: a quale destino sono consegnati i migranti salvati dal naufragio nel Mediterraneo?”. L’interrogativo emerge dal documento firmato dai direttori delle 10 Caritas diocesane della Lombardia (Bergamo, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lodi, Mantova, Milano, Pavia, Vigevano). “Lo stato dell’immigrazione in Lombardia. Esperienze e proposte”, esordisce riaffermando l’impegno delle Caritas per l’accoglienza dei migranti in regione in una logica sussidiaria rispetto agli enti pubblici e mobilitando le parrocchie e il volontariato cattolico. Il documento prosegue: “Si sta manifestando una grave incongruenza tra il tempo, le energie e le risorse impiegate nel soccorso in mare e il risultato conseguito. Bisogna quindi pensare e mettere in pratica nuove soluzioni, che non si costruiscono evidentemente con i muri, né, com’è stato ipotizzato, con l’affondamento delle imbarcazioni nei porti di partenza, con le espulsioni, e, tantomeno, con la propagazione dell’odio e del conflitto pseudo-religioso”. “Certo – riconoscono le Caritas – costa molto anche accogliere. Tuttavia, dopo aver profuso energie e risorse, sarebbe davvero uno spreco ‘congedare’ queste persone ‘sulla strada’, lasciandole senza prospettive e perciò esponendole a grave rischio di emarginazione, sfruttamento da parte di organizzazioni illegali e a condizione di pericolo per sé e per la popolazione”. “Di fronte a un fenomeno storico internazionale di tale portata, nessuno è evidentemente in grado di proporre facili e rapide soluzioni”, prosegue il testo, “a problemi di enorme complessità. Neppure ovviamente la Chiesa le possiede. E tuttavia, alla luce del Vangelo e del magistero, avvalendosi delle esperienze quotidianamente maturate, le Caritas delle diocesi lombarde sentono di dover esprimere al livello politico qualche indirizzo e premurosa istanza ai propri interlocutori – lo Stato Italiano e la Regione Lombardia per le rispettive competenze sul tema dell’immigrazione – consapevoli tuttavia che la portata del fenomeno deve coinvolgere ben più alti livelli istituzionali”. Alla Regione Lombardia “va il particolare appello per la ricezione dello spirito di queste note e per la massima collaborazione tra livelli istituzionali nella ricerca del maggior bene delle comunità”. Allo Stato italiano “ci rivolgiamo per dire che la distinzione tra (potenziali) rifugiati e non rifugiati non regge più. O meglio: la misura di discrimine adottata (sin dal 2011) non l’abbiamo mai condivisa. Oggi siamo tutti meglio in grado di vedere gli esiti dell’applicazione di tale discrimine, con i problemi e i rischi che stiamo dichiarando pubblicamente”.

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