Aree interne: mons. Repole (Torino e Susa), “il diacono, sotto presidenza del prete, potrebbe avere responsabilità nella gestione amministrativa ed economica e tessere relazioni”

Una seconda prospettiva, che “potrebbe essere di aiuto a prospettare il ministero presbiterale nelle zone interne nel prossimo futuro”, è data “dalle possibilità che si possono aprire da un’accoglienza più matura, teologicamente e pastoralmente, del ministero diaconale quale parte del ministero ordinato a tutti gli effetti, benché non sacerdotale”. Lo ha sottolineato, oggi pomeriggio, l’arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, mons. Roberto Repole, nel suo intervento sul tema “Voltare pagina? L’esercizio del ministero ordinato nelle zone interne: per una riflessione teologico-pastorale” all’incontro dei vescovi delle aree interne, organizzato oggi e domani a Benevento. “La sua esistenza ci dice che il ministero ordinato è a servizio del rimando alla radice apostolica, anche con questo ministero non sacerdotale e, pertanto, di un ministero che non contempla la presidenza dell’Eucaristia e della comunità”, ha osservato il presule.
Il problema è che, in questi sessant’anni, non si sono pensate né avviate “pratiche di esercizio del ministero diaconale, che possa essere davvero altro da quello presbiterale e complementare ad esso. Se lo si facesse, si potrebbe cogliere l’opportunità che è data da un ministero che è di per sé plastico, più suscettibile di quello presbiterale di assumere forme diverse e rispondere ad esigenze diversificate”. In questa linea, “si potrebbe pensare specie nelle zone rurali ad un ministero del diacono che – se si ha la persona giusta e competente – potrebbe davvero avere la responsabilità, sempre sotto la sorveglianza e la presidenza del presbitero, della gestione amministrativa ed economica di una vasta comunità di piccole parrocchie”. Oppure, “si può pensare ad un ministero che faciliti la creazione e la cura dei legami tra le persone di una stessa comunità e la creazione e la cura del legame tra le comunità affidate alla presidenza di un solo presbitero”. Già negli anni ’60 “Karl Rahner vedeva soprattutto nella tessitura e nella cura delle relazioni e della formazione di una comunità umana il futuro del servizio caritativo del diacono. Egli osservava con acutezza come le parrocchie si fossero strutturate sulla base di preesistenti comunità civili, mentre ciò che si andava velocemente sfaldando era proprio l’esistenza del tessuto di relazioni di tali comunità. Cosa che si sta evidentemente verificando in maniera sempre più intensa nel contesto culturale attuale e che coinvolge, pur in un modo specifico, le zone rurali”. Per mons. Repole, “sarebbe interessante, in tal senso cominciare ad immaginare un esercizio del ministero ordinato in tali zone, sapendo di dover cercare candidati al ministero diaconale e sapendo che la presenza di diaconi potrebbe risultare utile a riformulare l’esercizio attuale del ministero del presbitero in molti aspetti, compreso questo ministero di tessitura di relazioni. In fondo, ciò che spesso è di ostacolo – nelle zone rurali – ad un mutamento del modo di vivere l’appartenenza ecclesiale è proprio un forte timore di perdere quel che resta della comunità civile a cui si appartiene. Il prete ne fa spesso le spese, a tanti livelli”. Di qui la prospettiva di “immaginare un ministero diaconale che, nell’impegno a tessere e curare le relazioni, prepari per così dire il terreno al servizio di presidenza del presbitero”.

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