Pasqua: mons. Prastaro (Asti), “insieme a Cristo la nostra vita può essere nuova, piena di amore, una vita intensa che sa già di eternità”

“L’annuncio del Vangelo pasquale ci dà coraggio, perché ci dice che la pietra che chiudeva il sepolcro è già stata rotolata, non dobbiamo farlo noi, non ci riusciremmo. A noi il compito di svegliarci dal torpore del sonno ed uscire dal sepolcro in cui ci siamo rinchiusi, per riprendere a vivere nella certezza che in Cristo e insieme a Cristo la nostra vita può essere nuova, piena di amore, una vita intensa che sa già di eternità, la stessa vita di Dio”. Lo scrive il vescovo di Asti, mons. Marco Prastaro, nel messaggio pasquale pubblicato sul settimanale diocesano “Gazzetta d’Asti”. “Viviamo un tempo difficile e complesso, un tempo in cui non è facile sentirsi sereni, un tempo in cui la vita di molti è pesante e faticosa”, osserva il presule, aggiungendo che “sembra quasi di essere rinchiusi in un sepolcro, come Gesù prima della risurrezione. Un sepolcro fatto di fatalismo che ci fa dire che tanto nulla cambierà, che tanto ‘i soliti la faranno franca’, che non vale la pena provarci perché comunque ‘la musica sarà sempre la stessa’”. “Eppure, la Pasqua ci dice il contrario”, ammonisce mons. Prastaro: “Ci dice che il peccato, cioè la scelta di vivere guidati dall’egoismo e dal male, di vivere facendoci noi stessi Dio, decidendo da noi ciò che è bene e ciò che è male secondo il nostro tornaconto, è stato superato, vinto, sconfitto, archiviato. La Pasqua ancora di più ci dice che la morte è sconfitta, non esiste più, Cristo l’ha abbracciata e l’ha fatta morire”. “Credere e testimoniare la risurrezione significa mostrare che si può vivere più intensamente e che tutte le situazioni di peccato e morte che ci segnano possono trasformarsi in resurrezione”, continua il vescovo, che invita “a cancellare dalla nostra bocca quel veleno mortale – così lo chiama Papa Francesco – che ci fa dire: ‘si è sempre fatto così’; o che ci fa pensare: ‘l’abbiamo sempre fatto noi’. Un veleno mortale per la nostra vita e l’esistenza delle nostre comunità. Un torpore asfittico che non permette mai al nuovo di emergere, perché cambierebbe le posizioni acquisite, perché costringerebbe a rimettersi in discussione. Un’indolenza comunitaria che fa sì che ci sia poco spazio per i più giovani, per chi prova a immaginare qualcosa di nuovo rispetto a ciò che è sempre stato, per chi vuol costruire una vita più intensa e vera”. Gesù, ricorda, “il terzo giorno è risuscitato e ci ha promesso che chi crede in Lui vivrà in eterno, come Lui. Sarebbe bello se da questa profonda certezza della fede nascesse in noi un’iniziativa personale, una decisione che ci spingesse a provare a vivere in modo diverso, più intenso e vivo. Una vita in cui io non sono più il centro di tutto, non ho più privilegi o interessi da difendere, insomma una vita nuova, la vita dell’amore, la vita di chi cerca le ‘cose di lassù’ perché le cose della terra gli hanno mostrato tutta la loro vanità”. “Buona Pasqua a tutti: fuori dai sepolcri, piena di vita, zeppa di futuro, gravida di eternità”, conclude mons. Prastaro.

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