America Latina e Caraibi: Celam, al via a Bogotá il Congresso sulla Dottrina sociale. Mons. Monsalve (emerito Cali), “la Pacem in terris ancora una luce nel difficile orizzonte”

Si apre oggi a Bogotá (Colombia), nella sede del Celam, e si concluderà domenica Congresso sulla Dottrina sociale della Chiesa, che è organizzato per la terza volta nella sua storia dalla Chiesa di America Latina e Caraibi. Circa settecento gli iscritti, in prevalenza donne, come comunicato dagli organizzatori. Dal Vaticano interverrà il card. Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, che terrà oggi una conferenza stampa. L’obiettivo del Congresso, secondo il Consiglio episcopale latinoamericano, “è leggere i nuovi sviluppi della nostra realtà sociale, economica, culturale e politica alla luce del Vangelo, del magistero di Papa Francesco, fornendo nuovi punti di vista e idee dalla prospettiva del Vangelo, in chiave sinodale. È anche una risposta alle richieste sollevate durante la prima Assemblea ecclesiale”.
Si prevede la partecipazione in presenza di 120 persone di persona e un’ampia ulteriore presenza da remoto, sia attraverso la piattaforma Zoom (cui accederanno le persone iscritte) sia attraverso i social network. Tra le 700 iscrizioni, il 48% è stato effettuato da donne, spesso di giovane età.
Dalla Colombia, terra simbolo di guerra, ingiustizie sociali e squilibri, arriva la voce dell’arcivescovo emerito di Cali, mons. Darío de Jesús Monsalve Mejía, da anni particolarmente impegnato sui temi della giustizia e della pace, che afferma di “accogliere con favore la partecipazione del card. Czerny” e aggiunge: “L’umanità intera, e in essa la Colombia, insieme ai Caraibi e all’America Latina, vive la sconvolgente sfida delle migrazioni di massa, generate dalla povertà e dalla violenza strutturale. Tutte le frontiere cadono, dunque, e sentiamo l’urgenza dell’incontro umano, dell’ascolto compassionevole, della condivisione di spazi e beni vitali. E accogliamo l’appello di Papa Francesco a ‘sognare’ insieme la Casa comune, ad aprire un cammino globale e planetario a partire dal livello territoriale, a concordare e tessere il ‘cammino insieme’, a costruirci come famiglia umana e popolo di Dio”.
In particolare, spiega l’arcivescovo, “la Pacem in terris di San Giovanni XXIII, pubblicata 60 anni fa (11 aprile), è una luce forte su questo orizzonte. Perché la pace sia un’aspirazione, un ordine e un percorso che l’umanità assume e assimila, occorre che ‘gli uomini di buona volontà’ la facciano propria. La pace, in quanto aspirazione suprema di tutti i popoli ed emanazione dell’ordine naturale voluto da Dio, deve generare la retta ragione anche in tutti i vari ordini umani, da quello individuale e locale a quello internazionale e globale. L’enfasi del termine latino ‘in terris’, declinato nell’ablativo plurale, ci pone di fronte alla nozione di territorialità, riferendosi ‘a tutti gli uomini di buona volontà’, a tutti i popoli della terra, a tutti gli ordini di umanità, di comunità, di civiltà e di cittadinanza, fino all’unione delle nazioni e a quella che oggi chiamiamo, con Papa Francesco, la cura della Casa comune”.

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