Omicidio Di Nardo: Società italiana psichiatria, “tragedia annunciata. Servizi salute mentale troppo soli in gestione comportamenti violenti”

Domenico Livrieri ha ucciso nei giorni scorsi per 20 euro la sua vicina di casa Marta Di Nardo, ma non era il suo primo reato violento. “Era già stato in custodia, ed era in cura ai servizi di salute mentale ed in attesa di inserimento in Rems, come disposto dalla magistratura in merito a un precedente reato. Seguito dal Centro psicosociale (Cps) regolarmente, era in trattamento farmacologico, senza però nessuna forma di restrizione della libertà personale. In buona sostanza una tragedia annunciata, che – come altre – è figlia di una riforma frettolosa della Legge 81/2014 che ha disposto la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari senza vere alternative e senza interrogarsi sulla reale possibilità di far gestire ai soli servizi sanitari condizioni complesse come quelle del caso in questione. Limiti messi in luce recentemente anche dalla Corte Costituzionale”. Lo denuncia la Società italiana di psichiatria, in una nota appena diffusa.
La legge 81/2014, spiegano gli psichiatri, “ha attribuito esclusivamente alla Sanità la gestione degli autori di reato con disturbi psichici, di fatto favorendo uno spostamento delle competenze da parte degli organi deputati (ad esempio, ministeri degli Interni e della Giustizia). Ciò ha lasciato soli gli operatori dei servizi di salute mentale, ma anche pazienti e familiari. Malattia psichiatrica e violenza finiscono nuovamente per sovrapporsi con un gravissimo danno alla qualità delle cure e alla sicurezza dei cittadini”. Psichiatri “sempre più soli” e “servizi di salute mentale sempre più sovraccaricati nel gestire situazioni di complessità che originano non solo dalla patologia psichica ma anche da povertà, emarginazione e abitudine al crimine”, si legge ancora nel testo. Di qui la richiesta di “un percorso diverso da quelli attualmente disponibili da parte dei servizi di salute mentale, compreso il ricovero nelle Rems”. Anche perché, segnala la Società scientifica, “circa 700 persone ad alta pericolosità sociale, autori di reato, nel nostro Paese sono attualmente in attesa di inserimento in Rems” e altri “15 mila in libertà vigilata sono affidati ai Dipartimenti di salute mentale”.

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