Natale 2022: mons. Redaelli (Gorizia), “ci invita a essere convinti che la pace, la giustizia, la fedeltà, l’onestà e anzitutto l’amore non sono realtà impossibili”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

Ricorda la favola di Esopo che parla della volpe e dell’uva nel suo messaggio per Natale mons. Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia e presidente di Caritas italiana. “Forse mi sbaglio, ma il modo di porsi della volpe di fronte all’uva che sembra irraggiungibile (probabilmente lo è davvero, ma forse non lo è se si trova un’altra modalità per arrivarci) rappresenta un atteggiamento oggi molto diffuso. Si rinuncia facilmente a impegnarsi a raggiungere qualcosa di buono, di vero, di bello perché ci sono difficoltà, ci sono fatiche da assumere, c’è bisogno di forza, di impegno, di costanza e allora si dichiara che poi quel buono, vero e bello non è poi così importante e in ogni caso occorre accontentarsi perché è irraggiungibile”. Oppure si dice che “l’uva non c’è”: “Il buono, il vero, il bello e tutto ciò che da sempre è aspirazione dell’umanità – la pace, la giustizia, l’onestà, la fraternità, ecc. – non è tanto irraggiungibile, ma non esiste, è inutile desiderarlo, si perde solo tempo inseguendo sogni, si va incontro solo a delusioni. Occorre quindi essere realisti, assumere un realismo disincantato – forse cinico -, ma tant’è il mondo è così e lo si vede anche in questi giorni: guerre, ingiustizie, corruzioni, abusi, ecc. Persino la Chiesa non ne è esente”. Che cosa c’entra il Natale con la volpe e l’uva? “C’entra se solo mettiamo al posto dell’uva la salvezza, quella proposta da Dio. Oggi è stata cancellata: non solo è difficile raggiungerla – la strada stretta del Vangelo è troppo impegnativa… –, ma è meglio dichiarare che non ci interessa. Perché guardare in alto all’uva, al cielo, alle stelle? Meglio guardare in basso e accontentarci di quello che c’è”. Eppure, “il Natale ci dice che non è così, che c’è una stella, c’è una luce, c’è una pace, c’è una salvezza. Anzi un Salvatore, il Dio con noi che è divenuto uno di noi. La salvezza c’è e non è appesa a un tralcio lontano e irraggiungibile, ma è un piccolo Bambino che nasce a Betlemme”. “Una salvezza che non può essere irraggiungibile, non perché potremmo trovare da qualche parte la forza per conseguirla, ma perché è un dono. A noi spetta solo decidere di accoglierla nella libertà – se pure non abbiamo rinunciato persino a essere liberi…”, aggiunge.
“Il Natale ci invita allora ad alzare lo sguardo, a riscoprire la nostra identità e dignità di figli di Dio, a essere convinti che la pace, la giustizia, la fedeltà, l’onestà… e anzitutto l’amore non sono realtà impossibili o persino inesistenti. Esistono e vengono donate da Dio alla nostra umanità. Certo dentro le contraddizioni e le dure lotte dell’esistenza: non siamo ancora nella pienezza del Regno di Dio, ma il Regno è già all’opera. Occorre saperne vedere i segni dentro e fuori i confini visibili della Chiesa. Segni che sostengono la speranza e anche l’impegno coraggioso e umile a favore della pace, della giustizia, della fraternità e di tutti i valori che rendono ‘umano’ il nostro mondo”, conclude mons. Redaelli.

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