Dialogo interreligioso: Monastero Camaldoli, alla sessione del Sae anche la storia di Valeria Khadija Collina

Alla sessione di formazione ecumenica, promossa dal Sae nei giorni scorsi al Monastero di Camaldoli, è stata raccontata anche, come si legge in una nota diffusa oggi, “una storia sospesa tra il dolore e la costruzione di un futuro diverso” con la narrazione di Valeria Khadija Collina intervistata dal caporedattore di Avvenire Riccardo Maccioni. La donna, madre del giovane Youssef Zaghba, ucciso dalla polizia a Londra il 3 giugno 2017 dopo aver provocato la morte di otto persone, ha rievocato i fatti accaduti all’interno della storia della famiglia. La donna ha raccontato “le difficoltà di un nucleo esposto alla disgregazione” a cui “si aggiungevano le sollecitazioni jihadiste verso i più fragili veicolate attraverso la rete”, tanto che non è riuscita a salvare il figlio “da una situazione estrema rimasta in penombra”. Collina ha accettato di partecipare a un progetto dedicato ai giovani adescati dal terrorismo e si sta impegnando ad approfondire i testi sacri dell’Islam, a farne una rilettura femminista e a veicolare il tema del dialogo interreligioso attraverso il teatro, disciplina a cui si era dedicata da universitaria.
Durante la sessione anche una liturgia ecumenica nell’atrio della chiesa del Monastero seguita dall’ingresso dello Shabbat, con l’accensione delle candele da parte di Laura Voghera Luzzatto, moglie di Amos Luzzatto, scomparso nel 2020, studioso ebreo simpatizzante del Sae, e la preghiera del Kiddush recitata da Sandro Ventura di Shir Hadash, congregazione di Firenze della Federazione italiana per l’ebraismo progressivo (Fiep).

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