Siria: Azione contro la fame, “a 10 anni dal conflitto 6 persone su 10 faticano a sfamarsi, donne decisive per la fine della crisi”

“13,4 milioni di persone hanno bisogno di aiuti umanitari; il doppio rispetto al dato del 2011. 9,3 milioni vivono una condizione di insicurezza alimentare. Altri 2,2 milioni ne sono già a rischio. Il prezzo dei generi alimentari di base (riso, pane, grano, lenticchie, zucchero e olio) è aumentato del 250%. 6,1 milioni di persone sono sfollate e in cinque milioni di sono fuggiti dal Paese. Più del 90% dei rifugiati si trova nei Paesi vicini (Turchia, Libano, Giordania, Iraq)”. È la Siria oggi dopo dieci anni di conflitto. A fotografarla è Azione contro la fame, organizzazione che opera nel Paese mediorientale dal 2008 con un team di 140 professionisti umanitari. “Molte persone hanno ridotto il numero di pasti al giorno, hanno acquistato cibo a credito o hanno venduto il proprio bestiame e averi pur di sfamarsi. Si tratta di un fenomeno ormai consolidato nel Paese, soprattutto a Idlib e Aleppo, nel nord-ovest. Una circostanza che evidenzia gli stretti legami tra guerra e fame”, dichiara, da Damasco, Nasr Muflahi, direttore nazionale di Azione contro la fame in Siria. Con la moneta siriana che crolla e l’inflazione che aumenta, la popolazione, esausta dopo dieci anni di conflitto, sta sviluppando meccanismi di sopravvivenza estremi. “Sempre più bambini abbandonano la scuola pur di andare a lavorare; assistiamo, inoltre, a un pericoloso aumento dei matrimoni precoci”, ha aggiunto Muflahi. Al momento, l’accesso al cibo è citato dalla popolazione come il bisogno numero uno, seguito dall’occupazione, dai mezzi di sussistenza e dalla necessità di un alloggio. “La fine alla crisi siriana – afferma Eiman Zarrug, componente del team di Azione contro la fame in Siria – sarà possibile solo con la piena e attiva inclusione e partecipazione delle donne colpite dalla fame e dal conflitto, la cui resilienza e determinazione continua a prosperare nonostante dieci anni di guerra e gli innumerevoli rischi che continuano ad affrontare. Hanno perso i loro cari e i loro mezzi di sussistenza e non si arrendono. Assumono il ruolo di capofamiglia, trovano il modo di lavorare, di disporre di un reddito e, allo stesso tempo, di prendersi cura delle proprie famiglie. La conclusione della crisi avverrà solo quando saranno messe al centro dei processi partecipativi”. Nonostante ciò, l’anemia tra le donne e la malnutrizione delle future mamme è una delle questioni che preoccupano maggiormente Azione contro la fame e a queste si aggiunge anche l’aumento dei matrimoni precoci, della violenza domestica e delle molestie sessuali”. Da qui il monito di Azione contro la fame: “È ora di promuovere soluzioni durature, finanziare programmi a medio termine per ripristinare le reti idriche, le scuole e gli ospedali e, soprattutto, di concentrarsi su soluzioni per produrre cibo, senza abbandonare gli aiuti immediati in regime di emergenza. È il momento di affrontare la rinascita di un Paese stremato dalla guerra, facilitando il rientro, in sicurezza dei milioni di rifugiati nei Paesi vicini e degli sfollati interni”.

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