Settimana sociale: card. Bassetti, “profondamento amareggiato e deluso per i troppi incidenti sul lavoro”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

(da Taranto) Promuovere la giustizia civile e sociale, nel XXI secolo, “significa difendere e valorizzare, in ogni latitudine e in ogni circostanza, il valore incalpestabile della dignità umana”. Lo ha detto il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, introducendo la 49ª Settimana sociale, che si è aperta questo pomeriggio a Taranto sul tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. Tutto è connesso”. “La persona umana non si può sfruttare, non si può mercificare e non si può uccidere”, il monito del cardinale: “Nessuna ragione economica può legittimare qualsiasi forma di schiavitù fisica o morale di un uomo, di una donna o di un bambino”. “Sono profondamento amareggiato e deluso per i troppi incidenti che avvengono nell’ambito del lavoro”, ha proseguito Bassetti: “per non dire dei feriti!”. Promuovere la giustizia civile e sociale, inoltre, significa sviluppare e promuovere “un’ecologia integrale”, come esorta a fare Papa Francesco nella Laudato si’: “Che non è soltanto un richiamo alla difesa dell’ambiente in cui siamo immersi, ma è soprattutto un’esortazione a vivere un’esistenza interdipendente”, la precisazione del presidente della Cei. “Se la terra ci è donata – scrive Papa Francesco – non possiamo più pensare soltanto a partire da un criterio utilitarista di efficienza e produttività per il profitto individuale”. Per Bassetti, “si tratta di un’intuizione di grande portata storica, che innova profondamente il magistero sociale della Chiesa cattolica. La dottrina esce dalla bottega e dalla fabbrica e abbraccia il mondo intero, l’Oikos, la nostra casa comune. Secondo la proposta di Francesco, l’individualismo e l’utilitarismo, che caratterizzano così profondamente la mentalità collettiva del mondo contemporaneo, possono trovare un argine in una comunità di uomini e di donne che riscopre, non solo il valore della relazione interpersonale, ma anche la centralità dell’interdipendenza”. “L’interdipendenza non è tanto una categoria sociologica, quanto un valore aggiunto per la società contemporanea”, la tesi del presidente della Cei: “E lo abbiamo visto durante questa pandemia. Perché se è vero che il virus si è diffuso velocemente in un mondo ormai globalizzato, è anche vero che, altrettanto velocemente, è stata costruita una difesa sanitaria e sociale contro l’epidemia. Una difesa che, però, come sappiamo benissimo non ha la stessa forza nel Sud del mondo. Ancora oggi, dunque, i popoli della fame vivono drammaticamente la distanza sociale con i popoli dell’opulenza”.

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