Diocesi: mons. Gianotti (Crema), “il nostro grande tesoro è l’amore di Dio, il nostro compito è di farlo conoscere a tutti”

“Il nostro grande tesoro è l’amore di Dio, il nostro compito è di farlo conoscere a tutti”. Lo ha detto ieri sera mons. Daniele Gianotti, vescovo di Crema, in una partecipata assemblea diocesana, nel corso della quale ha presentato gli orientamenti pastorali per il 2019-2020. “Un tesoro in vasi di creta” s’intitola il testo che ha come obiettivo di “ripensare le modalità della presenza della Chiesa nel territorio, storicamente legate alla figura della parrocchia ma bisognose, oggi, di un profondo ripensamento”. Un impianto teologico-pastorale che non manca di proposte pratiche. Il “luogo” privilegiato, nel quale contemplare e accogliere questa ricchezza, è la liturgia, che ha il suo momento culminante nella messa domenicale. Da qui la richiesta di ravvivare le celebrazioni liturgiche, “che siano davvero segno trasparente del Mistero di Dio manifestato in Cristo”. Mons. Gianotti ha rilanciato, inoltre, la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa diocesana, invitando il Servizio diocesano per l’apostolato biblico a predisporre un nuovo progetto a questo proposito. Il vescovo di Crema ha ricordato che il tesoro che ci è stato donato è stato posto nei vasi di creta delle nostre debolezze e, citando san Paolo, ha parlato dei problemi delle comunità, abitate speso da divisioni, discordie, dubbi di fede e rilassatezza morale. A questo riguardo ha indicato l’ormai prossima beatificazione di p. Cremonesi come una delle opere della grazia di Dio. Parlando della nascita delle unità pastorali, il vescovo ha ricordato che non si tratta di un lavoro di “ingegneria”, quanto piuttosto di un’opera per dare corpo a un volto di Chiesa che si manifesti sempre meglio al mondo. E con un piccolo esercizio di immaginazione mons. Gianotti ha detto di aspettarsi comunità cristiane liete e orgogliose di credere in Cristo, che sperimentano la gioia del Vangelo anzitutto per il modo con cui vivono la vita ordinaria, capaci di incidere nella mentalità e nella vita del proprio territorio. Ha quindi rammentato che la Chiesa “dipende” sì da qualcuno, “che è il Signore Gesù Cristo”. Da qui l’invito ad uscire da una “dipendenza” sbagliata, che si riassume nell’idea “se non c’è il prete, non c’è neppure la parrocchia”. Ha indicato un modello di Chiesa sinodale, capace di tenere insieme “piccole comunità” e realtà più grandi come le unità pastorali.

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