Papa Francesco: lettera ai sacerdoti, “sfidiamo l’abitudinarietà, lasciamoci smuovere dalla Parola viva del Risorto”

“Coraggio” è la terza parola chiave della lettera scritta ieri da Papa Francesco ai sacerdoti, nel 160° anniversario della morte del santo Curato d’Ars. “La missione a cui siamo stati chiamati non implica di essere immuni dalla sofferenza, dal dolore e persino dall’incomprensione – avverte il Pontefice -; al contrario, ci chiede di affrontarli e assumerli per lasciare che il Signore li trasformi e ci configuri di più a Lui”. Per il Santo Padre, “un buon ‘test’ per sapere come si trova il nostro cuore di pastore è chiedersi come stiamo affrontando il dolore”: “Molte volte può capitare di comportarsi come il levita o il sacerdote della parabola che si voltano dall’altra parte e ignorano l’uomo che giace a terra. Altri si avvicinano male, intellettualizzano rifugiandosi in luoghi comuni: ‘la vita è così’, ‘non si può fare nulla’, dando spazio al fatalismo e allo scoraggiamento; oppure si avvicinano con uno sguardo di preferenze selettive generando così solo isolamento ed esclusione”.
Francesco cita “un altro atteggiamento sottile e pericoloso che, come amava dire Bernanos, è ‘il più prezioso degli elisir del demonio’ e il più dannoso per noi che vogliamo servire il Signore perché semina scoraggiamento, orfanezza e porta alla disperazione”: “Delusi dalla realtà, dalla Chiesa o da noi stessi, possiamo vivere la tentazione di aggrapparci ad una tristezza dolciastra, che i padri dell’Oriente chiamavano accidia”. “Tristezza – aggiunge – che rende sterili tutti i tentativi di trasformazione e conversione, propagando risentimento e animosità. Fratelli, quando quella tristezza dolciastra minaccia di impadronirsi della nostra vita o della nostra comunità, senza spaventarci né preoccuparci, ma con determinazione, chiediamo e facciamo chiedere allo Spirito che ‘venga a risvegliarci!, a dare uno scossone al nostro torpore, a liberarci dall’inerzia! Sfidiamo l’abitudinarietà, apriamo bene gli occhi e gli orecchi, e soprattutto il cuore, per lasciarci smuovere da ciò che succede intorno a noi e dal grido della Parola viva ed efficace del Risorto'”.
Durante la nostra vita, osserva il Papa, “abbiamo potuto contemplare come ‘con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia’. Anche se ci sono diverse fasi in questa esperienza, sappiamo che al di là delle nostre fragilità e dei nostri peccati, Dio ‘ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia’”. Quella gioia, precisa, “non nasce dai nostri sforzi volontaristici o intellettualistici ma dalla fiducia di sapere che le parole di Gesù a Pietro continuano ad agire”.

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