Incendio ghetto a Matera: sindaco di Bernalda, “siamo allo stremo delle forze”

Non crede a quello che sta accadendo Domenico Tataranno, sindaco di Bernalda, il Comune in cui, a seguito di un incendio in una baraccopoli, ha perso la vita Petty, una donna nigeriana di 28 anni, madre di due figli. Lavorava come bracciante, saltuariamente. “Il 22 febbraio 2019, inviai una pec al Ministro degli Interni Matteo Salvini, per spiegargli della situazione dei migranti accampati presso il Consorzio ‘La Felandina’. Nella lettera parlai di ‘baraccopoli’ in cui ‘dominano caporalato, occupazione abusiva, abusi edilizi, condizioni igienico-sanitarie ai limiti della sopravvivenza, abbandono indiscriminato di rifiuti’ e di ‘strumenti amministrativi carenti nel fronteggiare, spesso in solitudine, problemi così complessi’. Non ho ottenuto risposta. Per il momento – spiega – abbiamo sequestrato bombole e fornelletti, impedendo così il rischio della perdita di altre vite. È stato avviato un servizio mensa gestito dalla Caritas ed è stata fornita un’autobotte per l’acqua. Stamattina abbiamo tolto i tanti rifiuti adiacenti all’accampamento. Il prefetto ha convocato un tavolo del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, martedì prossimo. Intanto però siamo allo stremo delle forze ed io sono senza parole, non so più se ridere o piangere, anzi non so più cosa sia un’istituzione”. La zona su cui si erge il ghetto, per la maggior parte abitato da migranti con regolare permesso di soggiorno in Italia, fu confiscata, dopo che gli imprenditori che nel 2004 avevano ricevuto finanziamenti dal Mise (45 milioni di euro), per farne un polo industriale, erano scappati con la prima trance. La confisca ha reso impossibile una serie di servizi sul posto e lo sgombero stesso, visto che, tornato di proprietà dello Stato, non c’era un curatore fallimentare, che avrebbe potuto garantire la messa in sicurezza della zona, aspetto necessario per firmare uno sgombero. Sullo scheletro dei capannoni viveva Petty insieme a tanti altri braccianti di fortuna, che vagano tra i campi del Paese in cerca di lavoro a giornata, vittime di caporalato e di stenti.

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