Noa Pothoven: Cantelmi (psichiatra), “è la vittima di tutti. La sua morte è fallimento totale della società e della medicina”

“Un fallimento totale sia della società, per la mancanza di prossimità e vicinanza che essa dovrebbe esprimere, sia della medicina e della psichiatria, in particolare”. Così definisce, in modo netto, al Sir la morte della diciassettenne olandese, Noa Pothoven, lo psichiatra e psicoterapueta, Tonino Cantelmi. La ragazza, dopo le violenze subite, considerando la sua vita insopportabile, si è lasciata morire di fame e di sete, anche se questo aspetto della vicenda è ancora da chiarire. Secondo Cantelmi, “dovremmo interrogarci, poi, su quello che si chiama autodeterminazione”: “Non credo minimamente che ci sia una possibilità di autodeterminazione – sostiene – in condizioni emotivamente così disastrose. Quello di Noa è un caso limite, ma ci fa capire quanto queste decisioni siano prese sulla base di uno stravolgimento emotivo: di conseguenza, non c’è nessuna libertà nel prenderle. La malattia pesa sulla coscienza della persona. Questo caso limite, straordinario, con tutta una serie di implicazioni ci illumina su quante persone scelgano la morte, perché sono sole, emotivamente disastrate e perché nessuno riesce a intercettare il loro dolore”. Per Cantelmi, “l’errore di fondo è pensare che una persona voglia morire perché la sua sofferenza è insopportabile e non ha vie di uscita. Tutti i depressi lo pensano, ma non per questo facciamo in modo che possano suicidarsi e, anzi, combattiamo contro la depressione”. Di fronte a situazioni di solitudine, “sono necessarie – evidenza lo psichiatra – relazioni sane, affettuose, capaci di ricostruire dimesioni umane; invece, la nostra è una società cinica, dove il debole è sempre più emarginato e abbandonato a se stesso”. Noa, allora, “è la vittima di tutti, perché nessuno è stato in grado di intercettare il suo dolore”. “Quello che è in crisi – prosegue Cantelmi – è il network della solidarietà”.

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