“Serve un cambio culturale profondo dell’economia dello sviluppo, che come Italia, culla dell’umanesimo, ci deve sempre contraddistinguere”. Lo ha detto Pietro Sebastiani, ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, ospitando oggi a Palazzo Borromeo la presentazione del volume “La carità, motore di tutto il progresso sociale: Paolo VI, la Populorum Progressio e la Fao”, a cura di Patrizia Moretti. “Paolo VI, come Papa Francesco nella Laudato si’, non puntano ad arrestare il progresso o le istituzioni economiche, ma a ritrovare il senso trascendente del lavoro e dell’impresa”, ha precisato l’ambasciatore, che nel suo saluto si è soffermato sull’attualità dell’enciclica di Papa Montini e sulla sua portata profetica: “Negli Anni Sessanta, l’Europa occidentale era in pieno boom economico, e ferveva la ricostruzione: tutto sembrava andare verso un futuro di progresso inarrestabile. Eppure, in quella sbornia di successo e di ricchezza, ci fu un Papa che fece molti appelli, ancora attuali, ai ‘popoli dell’opulenza”. Se, infatti, molti progressi sono stati fatti a livello della lotta alla fame – allora i poveri erano 1miliardo e 200 milioni, pari a un quarto della popolazione, mentre ora sono scesi a 820 milioni, “sempre troppi” – oggi per Sebastiani ci troviamo di fronte “al fenomeno dell’impoverimento di larghe fette della classe media, che soprattutto in Europa genera inquietudini, chiusure, paure”. In questo contesto, “è caduta l’attenzione e la sensibilità verso il tema della cooperazione allo sviluppo, del volontariato, della solidarietà internazionale”, mentre si assiste “ad una inutile guerra fratricida preventiva tra chi è poverissimo per davvero e chi teme di diventarlo”. In questo modo, “gli inaccettabili squilibri di ricchezza si sono accentuati”, anche se nel contempo “si è fatta strada, faticosamente raggiunga, la consapevolezza che l’economia da sola non risolve la complessità dell’umano”.