Telecamere in classe: Lodolo (esperto), “messaggio di sfiducia che toglierà qualità ad azione e relazione educativa”. “Problema è burn out insegnanti”

Le telecamere in classe darebbero ai bambini il “messaggio diseducativo che non ci si può fidare dei grandi e che ogni loro atto deve essere messo in discussione. Un messaggio di totale sfiducia nelle persone alle quali sono affidati e delle quali la presenza di telecamere minerebbe completamente l’autorevolezza privando i bambini di importanti punti di riferimento”. A sostenerlo in un’intervista al Sir è Vittorio Lodolo D’Oria, medico, specialista in disagio mentale professionale degli insegnanti, all’indomani dell’approvazione dello Sblocca cantieri che prevede un finanziamento complessivo di 80 milioni in sei anni per l’installazione di telecamere in nidi, scuole dell’infanzia e strutture socio-assistenziali per disabili e anziani. Ma l’impatto, assicura, sarebbe negativo anche per educatori e docenti: “La relazione educativa ne sarebbe condizionata pesantemente in negativo. Perderà sicuramente spontaneità. Il modo di agire degli educatori sarà più dettato dal dover rispondere a dei canoni ancora non scritti di comportamento. Penso si creerà negli insegnanti un nervosismo, un’ansia di fondo che toglierà qualità all’azione e alla relazione educativa”. La questione maltrattamenti esiste, ma per Lodolo D’Oria la videosorveglianza è “una scorciatoia”. Il problema, spiega, è il burn out degli insegnanti. “L’età media delle maestre indagate dal 2014 al 2018 è di 56,4 anni con un’anzianità di servizio di 33 anni. Oggi la professione dell’educatore e/o dell’insegnante è molto usurante; non si può stare in aula fino a sessant’anni o addirittura a 67, a volte anche con 29 alunni in classe. Le ultime riforme previdenziali sono invece state fatte senza valutare gli aspetti della salute mentale degli insegnanti. Tra le categorie professionali costituiscono quella più esposta al burn out; i docenti presentano il più alto tasso di patologie psichiatriche”.

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