Diocesi: Caritas Lamezia Terme, un evento dedicato all’immigrazione nell’ambito del progetto “Costruire Speranza 2”

La Caritas diocesana di Lamezia Terme, nell’ambito del progetto “Costruire Speranza 2: l’agire pastorale delle Chiese di Calabria, buone pratiche di giustizia e legalità” ha organizzato, il 9 giugno, al Chiostro di San Domenico un evento sul tema dell’immigrazione, al quale sono intervenuti Romano Gallo, sostituto procuratore presso la Procura della Repubblica di Catanzaro, don Giacomo Panizza, vicedirettore della Caritas diocesana di Lamezia Terme, e Rosanna Liotti, mediatrice culturale dell’associazione Comunità Progetto Sud.
La mission della giornata, informa un comunicato diffuso oggi dalla Caritas diocesana, è stata “quella di intravedere, evidenziare e interpretare le complessità e le sfumature sottese al contesto attuale (riferito all’immigrazione e al lavoro), contrapposte, invece, alla realtà duale, tutta bianca o tutta nera, che viene alimentata continuamente da luoghi comuni e da opinioni preconfezionate”. Il tema si è affrontato seguendo “l’atteggiamento propositivo di Costruire Speranza e con la consapevolezza della realtà che Caritas fronteggia quotidianamente nei propri centri di ascolto: richieste di persone disoccupate, lavoro nero, sottoccupazione, sfruttamento lavorativo, richiedenti asilo, rifugiati”.
Un video – realizzato da Salvatore Amato, con protagonista Ivonne Garo -, proietatto poco prima del talk, ha messo a fuoco il problema con una singola ma universale domanda: “Se qualcuno fosse in pericolo, se ci fosse una vita da salvare, cerchereste di esprimere nel migliore dei modi la vostra opinione su una situazione complessa o preferireste prima tendere una mano di aiuto?”.
Durante il dibattito l’interrogativo al quale gli esperti e i professionisti del settore hanno cercato di rispondere riguardava la consapevolezza dell’essere sfruttati da parte dei lavoratori stranieri. Don Giacomo Panizza e Rosanna Liotti, che lavorano a diretto contatto con le persone protagoniste di queste difficili situazioni, hanno provato a spiegare il punto di vista di chi lavora e che quasi sempre non è cosciente di essere sfruttato. In questo senso, dunque, c’è molto lavoro da fare, partendo dal comprendere la cultura e le condizioni di vita dei lavoratori migranti. Rispetto all’idea che i migranti “rubino” il lavoro agli italiani, Liotti ha sottolineato: “Non ci rubano il lavoro, svolgono quelle attività che noi non siamo più in grado di fare o non vogliamo più fare, come i raccoglitori nei campi o le badanti”. Secondo Romano Gallo, “la reale familiarizzazione con il problema è tutt’altra cosa rispetto alle pratiche burocratiche, alle bufere politiche o ai social. Le persone che arrivano con sbarchi, infatti, sono tutte potenzialmente indagate perché l’immigrazione clandestina è reato, ma spesso loro non lo sanno, non ne sono consapevoli”.

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